La presenza italiana a Cannes, secondo Rossana Rummo, responsabile del dipartimento Spettacolo del Ministero per i beni e le attività culturali, ogni anno fotografa una realtà diversa. E senza demonizzare l’assenza della passata stagione, a suo avviso quasi fisiologica, la folta presenza alla 54esima edizione sottolinea i risultati di una fruttuosa attività iniziata proprio nel 2000.
“Oltre al piacere, e alla soddisfazione, di notare che i selezionatori hanno riconosciuto i prodotti migliori della stagione in corso”, sottolinea Rummo, “terrei soprattutto a evidenziare che il flusso di qualità del nostro cinema, finora intermittente, si è finalmente stabilizzato a un livello medio-alto”.
La vetrina della Croisette rappresenta bene questo traguardo?
La conferma ci viene sia dai titoli in competizione che da quelli ospitati nelle altre sezioni. Il mestiere della armi di Ermanno Olmi è un progetto molto ambizioso che ha ottenuto il riconoscimento d’interesse nazionale. La stanza del figlio di Nanni Moretti instaura, a mio avviso, un inedito rapporto con lo spettatore. Ed esplorando le corde più profonde dell’animo umano si candida, mi auguro, a un riconoscimento internazionale che, se non scontato, ben rappresenta l’universalità di un tema molto toccante, girato con pregevole tenuta stilistica. Anche gli altri autori non in concorso esprimono in modo diverso un coraggio e una dinamicità affatto scontati. Dall’esordiente Alex Infascelli a Daniele Gaglianone, passando per Francesca Archibugi – il cui Domani, pur ottenendo il riconoscimento d’interesse nazionale, è stato finora un po’ trascurato nella distribuzione – e finendo con Francesca Comencini, alla prova con la trasposizione cinematografica di un testo importante come La coscienza di Zeno. Tutti film fortemente emotivi, che rappresentano una moderna concezione del fare cinema.
Il Festival più importante d’Europa, tra i primi al mondo, rispecchia in modo esauriente la produttività cinematografica del Vecchio Continente?
A forza di annunciarla, la tanto attesa rinascita del cinema europeo è diventata realtà. In questi ultimi anni gran parte del lavoro del nostro dipartimento è stato rivolto all’affermazione e alla tutela di una precisa identità culturale del prodotto europeo, con il coinvolgimento attivo di tutti i partner istituzionali dell’Unione. Una strategia che ha premiato, per esempio, il successo di pellicole come Il gusto degli altri della regista francese Agnès Jaoui, o ha garantito la circolazione di prodotti validi come Sotto la sabbia, scritto e diretto da François Ozon, di prossima uscita anche in Italia. Pellicole che soddisfano l’esigenza di un pubblico che ha voglia di emozionarsi ed è sempre meno disposto a fruire prodotti costruiti in serie. Per questi basta e avanza la tv.
Come si traduce tutto questo in pratica?
In Italia, in particolar modo, ciò significa attivare accordi di coproduzione e incentivare sinergie che interessano diversi paesi. Il cinema europeo non può più essere inteso come semplice melting pot di culture, ma come fattiva convergenza produttiva. Dal nostro dipartimento è partita anche la proposta di rafforzare il circuito di una comune strategia promozionale.
Prossimi traguardi dopo Cannes?
L’organizzazione di incontri fattivi tra produttori. Magari subito dopo il Festival o a ridosso dell’appuntamento con la Mostra del Cinema di Venezia. Mia intenzione è quella di evitare convention teoriche e passare invece direttamente alla messa in opera di progetti già avviati o da rendere immediatamente fattivi. Un’idea che non riguarda solo partner europei. Ho intenzione di parlarne, per esempio, con il direttore del Festival di Montreal, con il quale ho in agenda un appuntamento la prossima settimana.
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