L’opera prima di Rolando Stefanelli, Il prezzo, è sinora stato visto più all’estero che in Italia. Dopo la prima mondiale al Noir in Festival nel dicembre 1999, dove fu premiato per l’interpretazione di Chiara Caselli, il film è stato infatti selezionato da vari eventi internazionali, fra cui Montreal, Mosca, Annecy e Villerupt.
Solo adesso Lion Pictures lo propone al pubblico italiano, entro novembre a Roma e poi in altri grandi centri urbani, mentre è già stato venduto in diversi paesi da Adriana Chiesa. Chiediamo alla produttrice, Rosanna Seregni (Sintra), il perché di questo paradosso. La risposta è che “i distributori italiani vogliono solo commedie. Soprattutto se sono opere prime”.
Quindi i festival, i premi, le buone critiche non bastano…
La stampa e i riconoscimenti sono fondamentali ma non bastano a intaccare l’omologazione. Ma non so lavorare diversamente. Le storielle comiche non mi interessano, non mi appassionano.
Il film di Stefanelli è duro, cupo, per nulla compiaciuto. Non sembra affatto concepito per un pubblico di massa, nonstante i due interpreti di richiamo.
Infatti, con Lions intediamo lavorare sulle nicchie, con una scelta mirata delle sale, che non possono essere certo quelle dove vengono solitamente programmati i blockbuster.
Quante copie sono previste?
Poche, ma non ritengo sia rilevante per il successo di un film. Conta più catturare la qualità del pubblico che la quantità, all’inizio. Pane e tulipani ad esempio ha esordito con sole dodici schermi. E poi ha superato i cento…
Si può dire che oggi sono più le donne a scommettere su certi film ritenuti più difficili?
È vero, forse perché ci piace metterci in gioco. Perché dobbiamo dimostrare di essere brave, ma anche perché il rischio è insito nella natura femminile. Io credo molto in quello che faccio. Fortunatamente esiste qualcuno che in questo lavoro ci crede ancora.
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