Esile e alta. Gli occhi blu, grandi, per un istante in fuga. Rosalinda Celentano si apre al dialogo subito. Con un sorriso. L’attrice in questi giorni è a Cinecittà, per la prima volta sul set di un film straniero: The sin eater. Thriller ambientato a Roma, Il mangiatore di peccati è diretto dal regista americano Brian Helgeland (A Knight’s Tale-il destino di un cavaliere; premio Oscar condiviso per la sceneggiatura di L.A. Confidential). Nel cast ci sono altri due italiani, Mattia Sbragia (Canone inverso) e Carmen Scarpitta (L’amore probabilmente), oltre a Vincent Cassel, Shannyn Sossamon, Mark Addy, Peter Weller e Benno Furmann. Le riprese sono iniziate il 14 gennaio scorso con esterni per le strade della città, riprese da Castel Sant’Angelo, interni girati a Villa Adriana, Villa Aldobrandini e Villa Parisi di Frascati, e nella Reggia di Caserta. Ora il set si è spostato in ambienti ricostruiti (un interno della Basilica di S. Pietro, sotterranei e fogne capitoline, un appartamento) nei teatri di Cinecittà. L’ultimo ciak è previsto per il 22 marzo.
Rosalinda interpreta la ‘donna dagli occhi non vedenti’. “Posso essere cieca e vedere il male degli altri. Ma potrei essere io stessa il male. Un ruolo ‘serpentino’- racconta l’attrice – e ambiguo. Porto i protagonisti in una sorta di Purgatorio”. Craig Baumgarten, produttore del film per la Twentieth Century Fox insieme alla tedesca N1 European Film Produktions, dice di lei: “E’ un talento fantastico, una vera artista”.
Come si lavora con un regista e con attori americani?
Mi sento come ubriaca. Quando ho incontrato Brian ne sono rimasta subito colpita. La sua presenza mi dà forza interiore e mi procura un benessere del cuore come pochi. Oltre a me ha scelto anche i miei quadri. Sono inseriti nella scenografia del film. Ma tutti nel cast sono dei veri professionisti. Gli americani hanno la capacità di essere estremamente precisi e ben preparati e allo stesso tempo danno l’idea che stiano giocando.
Ti stai dedicando sempre di più alla recitazione, negli ultimi tempi.
Il mio vero esordio d’attrice, senza nulla togliere ai film precedenti, può essere fissato al ’98, quando ho recitato nel film di Giuseppe Bertolucci Il dolce rumore della vita: con lui ho lavorato anche in L’amore probabilmente. Mi piace fare poche cose ma buone. L’unica cosa che funziona al mondo è l’amore, questo sentimento mi indica la strada anche nelle scelte di lavoro. L’incontro con Peter Greenaway, per esempio, è stato meraviglioso: reciterò in The Tulse Luper Suitcase, mentre a marzo sarò su un altro set per il regista Marco Filiberti.
La tua partecipazione a un film internazionale come questo vuole essere anche un’apertura artistica verso il mercato estero?
Seguo i percorsi che mi fanno crescere, non il successo in sé. Certo, se poi il film dovesse andare… ma questa è un’altra storia.
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