TORINO – “Come si fa a raccontare la voce di una donna che non hai mai conosciuto, ma che frequenti da sempre? Come si evocano i fantasmi? I fantasmi dei luoghi e delle persone lontane? Forse immaginandoli, evocandoli, perdendoti. Questo compito, questo desiderio, ho deciso di prenderlo con tutto il corpo come fa un’attrice con il personaggio da interpretare. Sono partita da questa suggestione per raccontare Rosa Balistreri in questo film”, così Isabella Ragonese alla sua opera prima da regista.
Rosa. Il canto della sirene è una storia dentro le storie, quelle che Rosa (1927-1990) ha cantato, lei cantastorie sicula, narratrice di esistenze e folklore che – per questo film – viene narrata da altre femmine, assurte come a cantastorie loro stesse, le donne siciliane – a volte delle “sopravvissute”, che il sistema vorrebbe castrare dal vivere “in modo libero” – che ne fanno il suo ritratto in una geometria circolare che apre e chiude il cerchio con lei, un universo essa stessa e centro di questo cosmo narrativo in cui la narrazione biografica e le storie del territorio, a cui lei appartiene visceralmente, s’intrecciano.
Isabella Ragonese, oltre che dietro la macchina da presa, mette in viaggio – e in scena – se stessa, in prima persona erra alla ricerca delle storie che costruiscono e sono l’evoluzione di quella di Rosa, e sceglie di raccontarla con la sua vita e il suo mestiere di attrice per narrare dapprima un’infanzia di “botte bastonate e fame, la vita che ti cresce a cardi amari”, in quella stanza adibita a casa – per lei, una dei quattro fratelli, e i genitori -, di giorno bottega da falegname di suo padre.
Una sequenza di storie del contemporaneo che si tessono con una storia senza tempo, assemblando la storia delle tante esistenze della gente che vive e anima una terra dal cuore atavico, la cui antichità e eredità si fa parte ricorrente del presente, perché “forse non l’ha saputo neanche lei”, dice di Rosa una delle signore dello Spazio Donna dello Zen di Palermo, ma la Balistreri ha fatto parte di quelle “femministe sfegatate che hanno precorso i tempi, antesignana del femminismo quello forte, quello duro, che sfonda le mura” infatti “una sera … al buio afferrai la prima cosa che trovai, una forchetta, e gliela ficcai nel collo”, e lui era il padre dei suoi figli, ma poco importava, perché capitale era non subire più.
Palermo e Licata – città di Rosa: i luoghi dunque, fondamentali quanto le persone perché le strade delle vite di alcune delle “sirene” che fluttuano intorno a Rosa sono strade che hanno un incrocio naturale con tematiche archetipiche e con snodi non secondari della vita da cantastorie di Rosa stessa.
Il primo film da regista di Isabella Ragonese – presentato in anteprima Fuori Concorso alla 40esima edizione del Torino Film Festival – è stato realizzato da Quoiat Films per Sky Arte, su cui sarà trasmesso domenica 4 dicembre alle 21.15, oltre che in streaming su NOW e disponibile anche on demand.
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