ROLANDO RAVELLO


Timido e anti-mondano, no global e pacifista, nella sua vita viene prima la figlia di 3 anni e mezzo poi il lavoro di attore e le arti marziali.
E’ Rolando Ravello, il talentuoso signor Nessuno del cinema italiano, l’anti-uomo di copertina, l’instancabile trasformista che a 32 anni ha alle spalle 3 pellicole dirette da Ettore Scola (Romanzo di un giovane povero, La cena e Concorrenza sleale) e una serie di bizzarri personaggi: dal serial killer di Almost Blue al kamikaze di 500! fino all’impiegato infernale del corto Una seconda occasione.
Ora sugli schermi con Ultimo stadio dell’esordiente Ivano De Matteo, ha finito di girare Fratella e sorello di Sergio Citti.

Come ti sei trovato con De Matteo?
Ti confesso un segreto: il titolo del film prende spunto dall’ultimo stadio di follia del regista. Ivano è una centrale nucleare di energia, segue ogni virgola della lavorazione del film e prima di scegliere gli attori ha fatto una serie infinita di provini. Poi però ha girato in appena 6 settimane. Io interpreto un personaggio innamorato della botanica che nella nostra società è di solito visto come un perdente. Ma per me, in questi casi, il vero perdente è la società stessa.

Ci racconti il tuo incontro con Scola?
Risale al ’95 quando, a metà luglio, l’ultimo giorno di un casting durato mesi, feci un provino per il film Romanzo di un giovane povero. Prima di dirmi che mi aveva scelto mi tennero in sospeso fino alla fine di agosto. Un incubo. Ettore disse che lo aveva colpito un mio strano sorriso che veniva fuori anche nelle situazioni drammatiche. Ora è per me è come un padre. La sua capacità di gestire gli attori appartiene a pochi: ha il controllo totale del film e questo dà una grande sicurezza. Sui suoi set si respira un’atmosfera quasi sacrale perché tutti sanno che, bene o male, si tratta di opere che entreranno nella storia del cinema.

Ultimo Stadio I tuoi ruoli sono sempre diversi. E’ una scelta precisa?
Si. Ho una schizofrenia latente, detesto essere me stesso e amo la trasformazione continua. Direi che è lo scopo della mia vita. Una scelta che però nel cinema italiano non premia perché di solito quando un personaggio funziona, diventa riconoscibile per il pubblico, sei costretto a ripeterlo. L’attore che scompare dietro al personaggio non paga. La mia grande fortuna è di aver lavorato con i grandi maestri e con i migliori giovani talenti del cinema italiano. Gente come Alex Infascelli e Eros Puglielli, registi dalla grande personalità: riconosci i loro film dalla terza inquadratura. Mi hanno permesso di crescere: una cosa che voglio continuare a fare sempre.

L’esperienza con Citti?
In Fratella e sorello sono un 35enne molto semplice e pulito che finisce dietro le sbarre per un delitto che non ha commesso. In prigione conosce Claudio Amendola con cui stringe un’amicizia che va oltre il loro rapporto con due donne prevaricatrici. Il primo impatto con Citti è sconcertante perché spesso non dà indicazioni fino all’ultimo secondo prima del ciak e spesso le dà durante le riprese. Poi capisci che ciò fa parte della sua visione del cinema: richiede una grande duttilità e può spiazzare gli insicuri.

Qual è la prossima identità che assumerai?
Sarò un ladro molto goffo in un film di Franco Bertini. Una commedia low budget girata nei ritagli di tempo. Per ora abbiamo interrotto la lavorazione ma spero che riprenda presto perché lui ha una vena comica che non scade mai nella banalità e nel provincialismo. Poi farò teatro accanto a Stefania Orsola Garello. Per entrambi i progetti quasi non vedrò una lira ma oggi, in un momento in cui c’è poco mercato, per un attore è quasi un obbligo rinunciare alle grosse cifre se si lavora in film validi. Certo, poi tra qualche anno pretenderò l’applicazione della legge Bacchelli.

Hai un metodo di lavoro preciso?
Sono contrario all’uso di un solo metodo. E’ giusto conoscerli ma l’interpretazione di ogni personaggio ne richiede uno diverso. Per vestire i panni del serial killer di Almost blue ed evitare di cadere nel cliché dell’assassino cinematografico, ho studiato libri sulla malattia mentale, sono stato in ospedali psichiatrici e visto decine di filmati. Altre volte sono andato sul set senza nessuna preparazione. Comunque parto sempre dallo sguardo: se indovini quello giusto hai vinto.

Chi sono i tuoi attori cult?
Gian Maria Volonté e Dustin Hoffman per il loro trasformismo. E poi Sergio Castellitto, firmerei subito per avere una carriera come la sua. Lavorare con lui e Abatantuono sul set di Concorrenza sleale è stata una vera lezione. Rispetto a Diego, attore tutto istinto, lui ha una grande tecnica alle spalle.

E i film che avresti voluto interpretare?
Un uomo da marciapiede e Taxi Driver. Poi mi piacerebbe lavorare con Piccioni e Mazzacurati, amo la loro malinconia.

autore
13 Maggio 2002

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