“Questa mattina ascoltavo per radio i commenti alla morte di Alberto. Lo speaker chiedeva chi sarà il prossimo Sordi. Una vera idiozia: in Italia non ci sarà mai più un attore così. Ma rimane un riferimento obbligato per molti di noi”.
Dal set di Fankinait di Franco Bertini, Rolando Ravello commenta così la notizia della scomparsa dell’Albertone nazionale.
Talentuoso trasformista arrivato al 13° lungometraggio, Ravello è stato battezzato proprio da Sordi nel 1995 con Romanzo di un giovane povero diretto da Ettore Scola.
Che cosa ricordi dell’esperienza sul set con Sordi?
Con lui ho girato il primo film della mia vita. Alla regia c’era Ettore Scola. Faceva un certo effetto stare accanto a due veri monumenti del cinema italiano. Per 2 mesi ho visto Sordi tutti i giorni: era gentile, disponile, mi offriva sostegno e coccole. Era un grande esempio professionale: non si lamentava mai, neppure quando si girava alle 4 del mattino. Ma non sono mai riuscito a scrollarmi di dosso l’idea di stare accanto ad un mito. La mia deferenza, tra rossori e balbettii, era più che evidente. Eppure ho un grande rimpianto che forse appartiene anche a Scola: in Italia l’interpretazione di Alberto in Romanzo di un giovane povero venne accolta molto freddamente. Fu massacrato dalla critica mentre in Francia venne acclamato come uno dei più grandi attori viventi.
Che cosa gli hai rubato?
Tantissimo, spesso anche involontariamente. Per un attore i tempi della recitazione e la calata di Alberto sono una trappola: ti condizionano talmente tanto che quasi cerchi di evitarle per non correre il rischio di scadere nell’imitazione.
Quali tra i suoi film hai amato di più?
C’è l’imbarazzo della scelta perché sono cresciuto con il culto della comicità. Ricordo a memoria le battute di Il vedovo di Dino Risi in cui recitava accanto a Franca Valeri. Poi Il marchese del Grillo e Un americano a Roma. I suoi film sono parte dell’immaginario collettivo così come le maschere, spesso tragiche, a cui ha dato vita.
La sua scomparsa sta scatenando una vera ondata di reazioni…
Si. Ma più che gli addetti ai lavori, comunque al corrente della sua malattia, credo che la sua scomparsa colpisca la gente comune. Ad esempio questa mattina abbiamo girato su un tetto romano e dall’alto si sentivano le voci che dalla strada rilanciavano e commentavano la notizia. Perché questa reazione? Facile: Sordi incarnava alla perfezione l’italiano medio. Non solo: è stato l’unico ad esportare un’immagine positiva della romanità.
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