Il documentario è uno dei generi che ha maggiormente giovato di diete audiovisive sempre più ricche. In forma di serie o nel classico racconto da 90 minuti, le storie di vita – personaggi o grandi eventi, specialmente se a sfondo thriller – piacciono sempre di più. Capita così che in un solo weekend siano addirittura tre i docu a rubarsi vicendevolmente le attenzioni, proponendo vicende e aneddoti di tre diversissime figure della storia del ‘900: Laura Antonelli, Rock Hudson e i WHAM!.
È andato in onda giovedì sera su Rai (3,3% di share con 526 mila spettatori) il documentario dedicato alla vita e alla carriera di Laura Antonelli, Senza Malizia. Il titolo ora in streaming su RaiPlay è diretto da Bernard Bédarida e Nello Correale e racconta la figura dell’attrice e sex symbol italiana raccogliendo testimonianze e materiale d’archivio. “La storia era lì, per chi la ricorda”, ha scritto Antonio Dipollina commentando il docu su La Repubblica, “dentro una carrellata di vita e una carriera che nasce come un sogno, lo realizza – un sex symbol pressoché mondiale – e sul più bello cambia direzione e inizia a correre verso l’abisso”. La sensazione finale, conclude il giornalista, è quella di una vita che “somiglia tanto a un brutto film che nessuno avrebbe girato“. Scorrendo il feed twitter nella serata della messa in onda del documentario, sono in tanti a condividere ricordi e foto dell’attrice: “ho girato per caso su Rai3 e sono rimasto letteralmente rapito della bellezza di Laura Antonelli”, scrive un utente a metà serata.
La vita dell’attrice è stata segnata da un’infanzia che avrebbe poi definito “disperata ed infelice”. Nata da una famiglia di esuli istriani, è stata profuga e raggiunse Roma giovanissima, dando vita a una carriera di orizzonti sterminati e incredibili abissi.
Dietro le quinte di un’amicizia che ha portato due compagni di scuola a toccare le vette più alte grazie a hits mondiali entrate per sempre nell’immaginario: la storia degli WHAM! è la storia di George Michael, Andrew Ridgeley e degli anni ’80, raccontati nel documentario Netflix diretto da Chris Smith, dal 6 luglio sulla piattaforma. Al centro, la parabola della rockstar del ‘900, ascesa e discesa, euforia e disgregazione: perché gli WHAM! si sono divisi? Anche a questo risponde il documentario, riavvolgendo il tempo e l’amicizia dei due, raccontati dai banchi di scuola all’ultimo concerto al Wembley Stadium nel 1986.
In WHAM! vengono passate in rassegna le grandi hits del duo, da Club Tropicana a Wake Me Up Before You Go Go, osservando da vicino il rapporto tra Michael e Ridgeley come complesso e singoli. Il documentario racconta anche la presa di consapevolezza del cantante della propria omosessualità, che si confidò con l’amico prima di fare coming out nel 1998. Avendo deciso di tenere nascosto questo aspetto della propria vita, George Michael soffrì per anni di depressione (“mi ero intrappolato”). Il cantante è venuto a mancare nel 2016.
Andrew Ridgeley ha ora 60 anni. “Si tratta di un resoconto autentico della fulminea ascesa al successo di Wham! e di come abbiano trovato un posto così speciale nel cuore di molti”, ha scritto in un post su Instagram il cantante. “È stata una gioia guardare indietro a un capitolo così meraviglioso della vita dei giovani AJR e GM e spero che per molti di voi, allo stesso modo, riporterà in vita un’epoca d’oro e le gioie spensierate della gioventù”.
È Antonio Monda su La Repubblica a richiamare l’attenzione su questo documentario HBO dedicato alla “vita amara di Rock Hudson nella Hollywood dei bigotti”. Il racconto diretto da Stephen Kijak si rifà all’omonimo libro di Mark Griffin.
La star è stata simbolo di un’idea di mascolinità americana con cui gli States, dalla sua tragica morte in poi, mentre il mondo cambiava, ha dovuto fare i conti. A lungo Hudson riuscì a nascondere la propria omosessualità, fino a che non dovette arrendersi davanti all’incessante avanzare dell’AIDS, termine che all’epoca Ronald Raegen (suo amico) non aveva ancora mai pronunciato in pubblico. La sua morte cambiò per sempre l’approccio all’epidemia, svegliando la coscienza collettiva e responsabilizzando la politica, chiamata finalmente ad affrontare il dramma in corso. Fu Roy Harold Scherer, poi Roy Fitzgerald e infine Hudson, attraversando una Hollywood diversa, fatta di superfici splendenti, non detti e bigottismi specchio della società.
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