Parla della recitazione come di “un’esigenza spirituale”. Per lui è stata una sorta di “chiamata”. Il sogno di Rocco Fasano è sempre stato quello di fare l’attore, una passione che ha portato avanti, anche mentre studiava medicina all’università, fino a trasformarla in un lavoro. Protagonista maschile del thriller psicologico italiano Home Education-Le regole del male, opera prima di Andrea Niada, con Julia Ormond e Lydia Page, attualmente nelle sale con Warner Bros. Pictures, l’attore tornerà a interpretare Niccolò Fares nella sesta stagione di Skam Italia, dal 18 gennaio su Netflix.
Rocco, in Home Education sei Dan, un ragazzo che vive in un paesino tra i boschi, e che inizia un’amicizia con la giovane Rachel. Ma per la madre Carol il vostro legame rappresenta una minaccia visto che entrambe nascondono qualcosa di spaventoso. Come hai costruito il personaggio?
Già in sceneggiatura tutti e tre i protagonisti erano descritti come dei disadattati. Forse Dan è quello che ha più i piedi per terra. Non avevo riferimenti esterni particolari, ma con Andrea abbiamo cercato le intenzioni di questo ragazzo, andando a scavare nella sua psicologia. Dan è un ragazzo che vive tutte le limitazioni della provincia e tenta di costruire un’amicizia con questa ragazza. Ma il fatto che lui possa scoprire il segreto che madre e figlia tengono celato tra quelle mura metterà in pericolo quel rapporto.
Un thriller psicologico come questo che possibilità in più dà a un attore?
In un film così c’è una preparazione ancora più profonda, una complessità da analizzare. Devi capire qual è il punto di partenza, cosa pensa il personaggio in un determinato momento. È un lavoro che si fa sempre in un film, ma in un thriller si va ancora più a fondo proprio perché si basa sulla psicologia dei personaggi.
Avevi già preso parte a un thriller cupo, Non mi uccidere di Andrea De Sica, dove interpretavi il tenebroso Robin.
Ho avuto la fortuna di fare due film dalle tinte horror nel giro di due anni, qualcosa che non succede spesso in Italia. Questi mondi e queste ambientazioni così oscuri, che indagano nell’animo umano e nella psiche, mi piacciono molto.
In Home Education ti sei messo alla prova anche parlando inglese.
La sfida è stata doppia, perché ho dovuto pure doppiare me stesso nella versione italiana. È stata un’esperienza un po’ alienante. Già guardarsi sul grande schermo non è semplice. Così è stato strano a livello esponenziale.
Tornerai a interpretare Niccolò Fares anche nella sesta stagione di Skam Italia. Portare avanti un personaggio per lungo tempo è sempre interessante o c’è il rischio di annoiarsi?
A me piace avere la possibilità di approfondire un personaggio e questo lo puoi fare soprattutto in una serie. Niccolò è una parte di me e quando sono sul set di Skam esce fuori in maniera abbastanza automatica e naturale. Abbiamo costruito un gruppo molto solido negli anni ed è stupendo poter tornare a interpretare questo ruolo.
A che punto è il tuo percorso?
Sono felice di ciò che ho fatto fino ad ora. Quest’anno mi è stata data la possibilità di cambiare spesso. Ho fatto anche Noi anni luce e una commedia, Amici per caso di Max Nardari. Volevo provare a 30 anni qualcosa di diverso. Per ora dramma e thriller sono stati dei generi preponderanti nel mio percorso, ma avevo bisogno anche di affrontare un genere più leggero.
Quanto è complicato trovare il progetto giusto e riuscire a emergere?
Oggi ce ne sono di più rispetto al passato, soprattutto grazie alle piattaforme. C’è tanto lavoro per i giovani che prima non c’era. Ma è anche vero che talvolta è difficile sapersi orientare bene. Io affronto questo lavoro come un’esigenza spirituale, è stata la mia chiamata. Ho sempre lottato per farlo e ci sono riuscito. Per me è un privilegio e un sogno recitare, sono grato che tutto questo stia accadendo, anche se sicuramente non è un mondo facile.
Quando hai deciso di voler fare l’attore?
La recitazione c’è nella mia vita da sempre. Vengo da una famiglia semplice del sud e ho cercato di studiare, così mi sono iscritto a medicina all’università. Ero orientato verso la psichiatria, ma poi ho deciso di mettere in stand by gli studi per dare priorità al mestiere dell’attore.
La psichiatria in qualche modo fa parte anche di questo lavoro.
In effetti, sembrano due facce della stessa medaglia. Sicuramente la materia viene affrontata in maniera diversa, perché da un lato devi analizzare i problemi della persona che hai di fronte e cercare di trovare un orientamento, e dall’altra vesti proprio i panni di qualcun altro e questo è un processo molto affascinante.
Con chi ti piacerebbe lavorare?
Matteo Garrone, Giuseppe Tornatore, Paolo Sorrentino sono tre registi che stimo moltissimo. Sarebbe un sogno immenso poter essere diretto da uno di loro. Spero, in generale, di far parte di progetti sempre nuovi, originali e sfidanti. Da noi spesso si cercano delle garanzie a discapito dell’arte che dovrebbe essere sempre libera.
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