Roberto Giannarelli e il popolo palestinese: un legame che viene da lontano. Il primo contatto diretto risale al 1996 quando il regista di Centro storico e A piedi nudi sui chiodi visitò la Palestina insieme all’europarlamentare Luisa Morgantini.
Nel 1997 il regista girò per RaiDue Di cielo in cielo, film prodotto da Marco Bellocchio e ispirato alla storia vera di un ragazzino palestinese, cresciuto nella sua terra martoriata, arrestato in Italia per un attentato alla British Airways e condannato a 18 anni di carcere.
Quattro mesi fa Giannarelli è tornato in Medioriente con l’amico e collega Marco Puccioni. Insieme, armati di videocamere digitali, hanno realizzato Tutti giorni, un documentario di 50 minuti ora in fase di post-produzione.
E ora un nuovo viaggio alla volta di Gerusalemme: Giannarelli, che aderisce alla Fondazione Cinema del Presente, fa parte della delegazione di registi italiani che alla fine di maggio raccoglierà immagini per il film collettivo Un giorno in Palestina (leggi l’articolo).
Con che spirito affronti i tuoi viaggi in Palestina?
Non come reporter di guerra. Già nel 1996 mi spingeva la curiosità e la voglia di raccontare la quotidianità dei palestinesi. Allora invitai alcuni colleghi a unirsi a me, ma tutti rifiutarono perché ritenevano vicina la pace. Mi sentii isolato e intanto vedevo crescere gli insediamenti dei coloni israeliani nei territori occupati. Ora il progetto di film collettivo della Fondazione Cinema del Presente mi rende felice. E’ un sogno che si avvera ma ne ho un altro: filmare un giorno la nascita dello stato palestinese.
Il tuo ultimo soggiorno?
Marco Puccioni e io siamo stati in Palestina a fine dicembre e inizio gennaio 2002, all’inizio insieme a Action for Peace, poi per conto nostro. Abbiamo fatto riprese a Gerusalemme, Ramallah, Gaza e Nablus, le città principali della Cisgiordania e della striscia di Gaza. Si respirava una forte tensione e Arafat era già chiuso nel suo quartier generale di Ramallah dove l’abbiamo incontrato.
E il vostro documentario “Tutti i giorni”?
Ovviamente il filmato non mostra l’exploit militare israeliano di marzo ma, piuttosto, le mille difficoltà affrontate ogni giorno dai palestinesi. Raccoglie molte interviste, tra cui quella a una donna israeliana, femminista e attivista per la pace che ha perduto la figlia 13enne nell’attentato di un kamikaze palestinese. Una testimonianza preziosa perché questa tragedia l’ha portata ad accentuare la critica alla politica coloniale di Sharon.
In quel periodo hai girato anche un altro documentario sul network di associazioni Action for Peace…
L’ho fatto su richiesta degli attivisti del network. S’intitola Action for Peace e racconta la loro azione per una pace giusta in Palestina. Dura 20 minuti e sarà presentato in anteprima a Perugia in occasione della Marcia per la pace del 12 maggio.
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