Roberto Faenza: “Le scene di sesso? Come un’endoscopia”


Un sito internet, giornate di studio sulla gelosia in giro per l’Italia, oltre un migliaio di amici su Facebook e un po’ di scandalo per il capezzolo di Laura Chiatti, cancellato dalla locandina con la computer graphic: Il caso dell’infedele Klara sta diventando un interessante esempio di cinemarketing, anche se bisognerà aspettare venerdì prossimo, quando il film di Roberto Faenza arriverà nelle sale con 300 copie targate Medusa, per cominciare a tirare le somme anche al botteghino. Per il regista, docente di teoria e tecniche del linguaggio cinematografico all’Università di Roma, un po di guerrilla marketing è una scelta ormai obbligata: “Un film oggi deve necessariamente aggregare intorno a sé altre cose, perché altrimenti ha una vita brevissima, 5/6 settimane al massimo”. Così ha deciso di creare un serie di eventi – persino uno gastronomico -intorno al suo nuovo lavoro, ispirato al romanzo dello scrittore ceco Michal Viewegh. Il film ruota attorno al tema della gelosia, quella morbosa e assillante di Luca (Claudio Santamaria), un musicista italiano che ha trovato patria a Praga e che non riesce a fidarsi della compagna Klara (Laura Chiatti) forse perché è stata lei a sedurlo fin dal loro primo incontro in discoteca. Ma anche la gelosia rimossa del detective Denis (Iain Glen) che vive con la moglie (Paulina Nemcova) un rapporto talmente aperto che lei gli dà consigli su come corteggiare e portarsi a letto la sua assistente Nina (Kierston Wareing). “Il tema della gelosia – spiega Faenza – ricorre in molti miei film, specie quelli più recenti come Prendimi l’anima e I giorni dell’abbandono. È un sentimento a cui spesso si accompagna l’incapacità di amare tipica di certe personalità maschili fragili o irrisolte”.

Considera la gelosia come qualcosa di distruttivo o magari invece come uno stimolo a tenere accesa la passione?
Non la ritengo una cosa negativa, neppure nei suoi picchi ossessivi. Chi è molto innamorato, e contemporaneamente è molto fragile, non ha alternative. Queste persone hanno bisogno di essere rafforzate. Certo, i maschi non escono bene dal film, ma oggi rappresentano la parte più debole della società.

Ha citato “Prendimi l’anima”, il film sulla relazione tra Jung e la sua paziente Sabina Spielrein, come precedente di questo percorso di riflessione sulle passioni.
Anche Jung è in effetti un esempio di questa fragilità. I suoi seguaci l’hanno messo sul piedistallo, ma se non fosse stato uno psicoanalista sarebbe finito in ospedale psichiatrico.

Mentre il personaggio di Luca non cambia, anzi nel finale ci viene mostrato come eternamente schiavo della sua ossessione, benché con un tocco di autoironia, il detective Denis vive una specie di conversione.
È un personaggio interessante. Inizialmente ha un ruolo paterno, perché conosce il dolore delle persone e capisce che la gelosia è una malattia, tanto che cerca di eliminare alcuni elementi della verità per renderla più accettabile ai suoi clienti. In un certo senso ha il ruolo dello psicoanalista. Ma poi si rende conto di essere coinvolto anche lui nella complessità delle emozioni. Per quanto riguarda Luca, il finale si ispira a El di Bunuel, dove il protagonista, ritiratosi in convento, si dichiara perfettamente guarito, ma quando si allontana cammina a zig zag anziché dritto.

Come mai ha deciso di girare a Praga, la città dove è ambientato il romanzo e non di spostare la vicenda in Italia?
Praga è una città davvero “magica”, come la definì Ripellino, dove le vicende d’amore si accompagnano al mistero e all’incantesimo. È la città della passione di Kafka per Milena, una passione in cui la gelosia si placava solo di fronte al tradimento. In più Praga enfatizza l’elemento erotico del film: nella letteratura ceca c’è una forte componente di eros, Praga è la città col maggior numero di sexy shop in Europa.

Ci sono molte scene di sesso nel film, che coinvolgono di volta in volta i vari personaggi. Come le avete girate?
Abbiamo usato un metodo simile a quello della gastroscopia. Una macchina da presa lasciata sola insieme agli attori, e manovrata attraverso un foro, in modo che non si sentissero osservati. C’è voluta una giornata intera per girare la famosa sequenza della vasca da bagno tra Claudio Santamaria e Laura Chiatti, oggi molto “taroccata” e cliccata in internet.

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23 Marzo 2009

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