Roberto Citran


“Sto aspettando con ansia che qualcuno mi proponga un ruolo da assassino. Finora però i cliché con i quali va avanti il cinema italiano non hanno mai spinto nessuno a offrirmi un ruolo del genere”. A parlare è Roberto Citran, 21 anni di carriera teatrale e cinematografica alle spalle.

Anche in “Tobia al caffè”, il film di Gianfranco Mingozzi, veste i panni di un solitario, dal carattere certamente non aggressivo…
La storia del film è ispirata a un soggetto di Marco Lodoli, uno scrittore che amo profondamente. Per questo il personaggio inventato dalla sua penna mi piace molto, anche perché mi sento a mio agio nel raccontare la vita di un solitario, di una persona che vive il malessere di stare in un mondo del quale non si accettano le regole.

Sente il bisogno di cambiare genere?
Assolutamente. Ho una vasta gamma di possibilità e non vedo l’ora di usarle sulla scena.

Forse qualche apertura su questa strada potrebbe venire dall’estero.
I miei prossimi due film in uscita non sono di registi italiani. Ho appena finito di girare Il mandolino del capitano Corelli di John Madden, che racconta la storia della strage degli italiani a Cefalonia. Qui interpreto il ruolo di un militare e mi sono anche potuto togliere la soddisfazione di strapazzare un po’ Nicolas Cage. L’altro film è Nora di Pat Murphy.

Nel futuro dunque soprattutto cinema?
No, anzi. Torno in teatro con il Ruzante.

autore
05 Ottobre 2000

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