Nuovo look e nuovi orizzonti per Roberta Torre: capelli a zazzera rosso ciliegia e zatteroni come quelli delle “romee” Forstine, Amaka e Kemi (le prime due in passerella, la terza non è al Lido perché il permesso di soggiorno le è scaduto). Per la sua seconda volta al festival ha organizzato per i festivalieri la festa più glamour, con un duello canoro tra Little Tony e Mario Merola e molto casino in generale. Sud Side Stori piace e non piace, anche perché, rispetto a Tano, è meno accattivante e la voglia di ridere, come hanno dimostrato gli applausi a scena aperta a Woody Allen, è sempre fortissima. “Mi hanno detto che lascia perplessi la parte centrale, ma alla fine la gente approva”. E soprattutto canticchia la canzone del titolo. Trascinante. Vedremo che succederà dal 22 settembre, nei cinema.
Zie contro romee, continua il clima di litigio tra palermitane e nigeriane che ha scandito tutta la lavorazione…
È vero. Senza la musica, senza il melting pot musicale, non avrei potuto farlo, questo film. La musica le ha fatte cantare e ballare insieme, è stata l’unico linguaggio comune.
Nonostante la musica, consideri “Sud Side Stori” molto diverso da “Tano”?
Sì, per tanti motivi. In comune c’è l’aspetto documentaristico e quello musicale.
Però dici che vuoi rinunciarci, nel prossimo film.
Sì, Angelò non sarà un musical. In più avrà veri attori, due soli protagonisti anziché una strututra corale.
E il documentario?
Il documentario resta per me una grande forma di cinema, ma ho anche bisogno di esplorare nuove cose.
È vero che vuoi lasciare Palermo, cinematograficamente?
Vorrei andare verso Nord, sempre con un atteggiamento antropologico. Con Palermo è stato un grande amore, ho sondato profondità enormi, ma ora è una porta chiusa. In Sicilia c’è sempre un terza o quarta verità che può venire a galla, ma per trovarla c’è bisogno di avere occhi vergini.
Cosa pensi del cinema italiano?
Da spettatrice non mi entusiasma. Quest’anno solo due film italiani mi sono piaciuti, LaCapaGira e Sangue vivo, perché mi hanno fatto vedere mondi che non conosco. Spero che il digitale faccia emergere altre realtà marginali e altre estetiche. Guardo volentieri il cinema asiatico.
Il tuo nuovo film lo produce Rita Rusic: come ti trovi con lei?
È una donna, quindi a livello emotivo più simile a me. Ed è un vero produttore, non perché mi dà più soldi, ma perché li gestisce meglio.
Hai detto che l’immigrazione fa più paura della mafia…
È così. L’immigrazione è l’ignoto, la mafia è conosciuta. E la paura ha radici nel diverso, è un fenomeno inconscio.
È stato più facile ridere della mafia che della prostituzione.
Certo, la mafia è (anche) una sottocultura che puoi mettere in ridicolo, mentre i racconti e le confessioni di queste donne non fanno ridere.
Cosa hai imparato da queste ragazze?
Che gli uomini amano le puttane, in tutti i sensi, ma se ne vergognano. E che le donne si dividono in due categorie, quelle che sanno fare le puttane e quelle che si fanno usare. Il sesso può essere veramente merce di scambio, regolato dalla legge della domanda e dell’offerta. Come nei film porno. Queste ragazze hanno tutta una serie di trucchi: se ti allacci il reggiseno più in fretta, risparmi tempo e guadagni di più.
L’amore c’entra poco, nonostante Romeo e Giulietta.
Non mi interessava l’amore, ma tutto quello che succede intorno. Toni Giulietto è un burattino nelle mani di tutte queste donne.
Sei contenta dei due divi musicali?
Molto. Little Tony è un musicarello anni ’60 vivente; mentre Merola è un grande attore, purtroppo penalizzato dalla cultura a cui appartiene.
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