Ride: in corsa verso l’orrore

In sala il 6 settembre in oltre 200 copie con Lucky Red Ride, il film di Jacopo Rondinelli, scritto, co-prodotto e con la direzione di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro


In sala il 6 settembre in oltre 200 copie con Lucky Red Ride, il film di Jacopo Rondinelli, scritto, co-prodotto e con la direzione di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, in arte Fabio & Fabio, saliti alla ribalta un paio di anni fa con il sorprendente Mine. La premiata ditta fa stavolta un passo indietro e lascia la regia all’agile mano di Rondinelli, lasciandosi aiutare alla scrittura da Marco Sani. Nella realizzazione tecnica originale e complessa sta uno dei suoi principali punti di forza. La pellicola è infatti realizzata interamente con GoPro e Action-Cam e segue le vicende di due riders acrobatici (Lorenzo Richelmy e Ludovic Hughes) che vengono coinvolti in cambio di una grossa cifra in una corsa all’ultimo sangue dai connotati rischiosi e mortali. C’è dentro tanto cinema anni ’80, seguendo il classico schema del gioco al massacro e della corsa contro il tempo come in The Running Man o Fuga da New York, e molta cultura del videogioco, a partire dai due personaggi connotati con due colori diversi (vale a dire, Player One e Player Two) che, inizialmente alleati, finiranno inevitabilmente per scontrarsi come in Double Dragon. Tutti elementi che giovano alla ‘coolness’ generale della pellicola, girata in Trentino con il sostegno della Trentino Film Commission, adrenalinica (Guaglione dice spesso che è l’esatto opposto di Mine ed è vero. Lì una situazione forte e statica, un soldato con un piede su una mina, qui un continuo frullato di movimento e azione) che, insieme a un buon lavoro sul patto di sospensione dell’incredulità, si lascia godere e seguire rivelando un sceneggiatura più articolata di quanto sembri in prima istanza, che sfocia nell’horror, che forse affastella un po’ troppi elementi ma lascia anche spazio per immaginare.

“E’ stata una corsa anche per noi – dice Rondinelli in conferenza stampa – il film lo abbiamo finito praticamente ieri ed è la prima volta che lo vedo finito. Chiaramente avevamo un intento sperimentale, volevamo prendere questo immaginario degli sport estremi che solitamente è confinato sul web e incastrarlo in una storia. Significa reinterpretare proprio il concetto di regia, con punti macchina infiniti spesso collocati sul corpo dei protagonisti, e gestire anche tanti imprevisti come la neve, che non doveva esserci, ma è stata affrontata con coraggio dai biker che hanno partecipato, che si sono rivelati ancora più pazzi di noi”.

“E’ un film punk per certi versi – completa il quadro Guaglione – non ci siamo risparmiati, soprattutto in fase di montaggio. Era iniziato come un’idea semplice ed è diventato una specie di kolossal Marvel. Calcolate che avevamo venti camere per scena, immaginate delle take di dieci minuti per ciascuna, come una mini pièce teatrale, moltiplicatele per tutti i giorni di ripresa. Avevamo in pratica nove mesi di materiale da guardare, e non potevamo guardarlo tutto, altrimenti saremmo ancora lì. Siamo andati avanti per schemi cercando di capire quale fosse la miglior inquadratura per ogni scena e selezionandole”. “In origine volevamo fare una specie di Duel con le biciclette – spiega lo sceneggiatore Sani – ma Fabio & Fabio sono un vulcano di idee, il film è diventato molto diverso da quell’idea di base. Ogni scena doveva essere giustificata in base alle esigenze della trama. Così è venuta fuori l’idea delle telecamere di sorveglianza”.

“Credo che l’unico altro film girato con la GoPro – commenta Resinaro – sia Hardcore, ma lì ne hanno usata solo una. Sono stati più ‘furbi’. Nel film ci sono anche i nostri temi classici, potrebbe essere un sequel di True Love, il nostro primo prodotto. C’è anche una specie di metafora: forse siamo noi i veri riders, ogni giorno in corsa per trovare più soldi, più like, più felicità”.

“Una sfida per un attore come me – commenta Richelmy – che ama anche lavorare fisicamente. E’ un film d’azione. Certo non ho eseguito gli stunt da solo, altrimenti non sarei un attore ma un atleta, però molte scene le ho girate in prima persona ed è stato molto stimolante, c’era anche rischio, è una cosa diversa rispetto a quello che tutti ci aspettiamo e questo permette anche la sospensione di giudizio. E chiaramente anche un approccio diverso come attore, dato che di solito si tratta solo di recitare di fronte alla telecamera, o su un palco. Qui non c’era un vero e proprio palco, eravamo letteralmente circondati dagli occhi delle telecamere”. Il trio creativo risponde anche sui riferimenti agli anni ’80 e sulla cosidetta ‘rinascita del cinema di genere italiano’: “un po’ come in Ready Player One – dice Rondinelli – si potrebbe scrivere un libro su quanti ne abbiamo messi. Chiamiamola ‘malinconia 2.0’. “Quanto alla rinascita – commenta Guaglione – noi ci teniamo molto e facciamo tutto immaginando che poi altri registi possano fare film come questi, che ci sia un pubblico. Lasciamo le porte aperte a sequel e spin-off. Non lasciamo buchi di trama ma anfratti. Vogliamo creare un mondo, infatti al film saranno accompagnati un fumetto, scritto da Adriano Barone e con i disegni di Andrea Broccardo, e un romanzo, che racconteranno eventi collaterali a quelli che avete visto nel film”.

A questo link un documentario sul regista Rondinelli, per gentile concessione di Andrea Venturelli:

 

Qui un podcast a tema: https://open.spotify.com/episode/6jYRoMa3VW39M2S3MMu0hI?si=Bj0_4Qz_TnKkdaVmQ-R0cw

autore
24 Agosto 2018

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