Richard Borg: a giugno l’annuncio di una campagna per il pubblico in sala


BARI. “Credo che a giugno potremo annunciare i dettagli di una campagna finalizzata a far tornare gli spettatori in sala con un costo del biglietto minore, campagna che verrà poi lanciata sui media in occasione della Mostra del cinema di Venezia”. Richard Borg, AD di Universal Pictures nonché presidente dei distributori Anica, conferma al Bif&st quanto già anticipato qualche settimana fa alla Casa del Cinema. Dopo aver ricevuto al Teatro Petruzzelli dalle mani del regista Giuliano Montaldo il Premio Fellini 8½ risponde, senza risparmiarsi, alle domande di un pubblico partecipe alla master class con la quale svela alcuni aspetti della strategia commerciale di una major americana.
E lo fa innanzitutto presentando il suo curriculum professionale. Da quando studente a Parigi s’innamorò del cinema andando sul set del regista Claude Lelouch, amicodel padre. Qualche anno dopo, nel 1977, iniziò la sua carriera professionale durante le riprese de La stanza del vescovo di Dino Risi. “Lucidavo le scarpe del produttore, ero un runner, facevo di tutto”. Ha poi lavorato con Bolognini. Scola, Cavani, Fellini, Corbucci e Moretti, fino al 1981 quando per la Gaumont ha cominciato a occuparsi della fattibilità delle multisale. Per un decennio si è occupato di circuiti cinematografici fino al 1991 quando è passato alla distribuzione entrato a far parte della direzione commerciale di Universal.

Che cosa ricorda dell’esperienza sul set di Fellini?
Di sicuro la scoperta di un’artista geniale, ma anche di quanto costa il cinema. Come quella volta che il maestro romagnolo per La città delle donne fece progettare e costruire, nell’arco di due mesi, un facsimile di jumbo con tanto di apertura alare, costato almeno 450mila euro di oggi e poi la scena girata non venne mai utilizzata.

Nei primi 3 mesi del 2012 gli spettatori in Italia sono in sensibile calo.
Da noi da 4/5 anni è diminuita la voglia di andare al cinema, a differenza dei nostri cugini francesi che in un anno vendono 215 milioni di biglietti contro i nostri 105 milioni, pur avendo entrambe le nazioni all’incirca lo stesso numero di abitanti. In verità i francesi vanno al cinema, cioè lo intendono come una parte importante del tempo libero, mentre gli italiani vanno a vedere il film, quel film. E poi non dimentichiamo che la fascia d’età che va dai 15 ai 24 anni, negli Usa costituisce il core business, in Italia è per più del 35% disoccupata.

Come invertire la tendenza?
Stiamo convincendo tutti i soggetti, le categorie del settore cinematografico a promuovere insieme una campagna forte che spieghi quanto il cinema vada visto e vissuto in sala. Una grande iniziativa nazionale che sul modello francese e britannico preveda delle carte d’ingresso e biglietti scontati.

Il vostro mercato di riferimento è cambiato nel tempo?
Decisamente negli ultimi dieci anni. Prima il film era concepito innanzitutto per il mercato statunitense, da lì infatti proveniva il 60% del fatturato mondiale. Ora è sceso al 30% e quando si parte con un progetto si guarda subito al possibile sfruttamento internazionale, non solo l’Europa ma l’India, il Brasile, la Cina e la Russia.

In che modo programmate il prodotto?
L’Universal è presente in 74 Paesi e ognuno dei responsabili del mercato delle diverse aree o nazioni viene preventivamente, due/tre anni prima, consultato circa la produzione e/o distribuzione di un film, con l’invio prima del soggetto e poi della sceneggiatura per capire se la storia funzionerà o meno.

Per lo stesso titolo sono possibili accordi tra diverse distribuzioni?
Più che mai oggi che data la crisi economica per finanziare un film occorre rivolgersi a soggetti esterni: fondi e banche. Così spesso vi sono accordi tra diverse case di distribuzione per l’uscita mondiale di un film importante. Penso a Titanic o Avatar per i quali Paramount si è occupata del mercato americano e Fox di quello internazionale.

Intervenite sul film americano distribuito in Italia?
Sul titolo e sul doppiaggio. Anche se personalmente sono contrario al doppiaggio, riconosco che in Italia ci sono i migliori doppiatori del mondo, maestri nel far coincidere il labiale originale alla versione italiana. Va detto che la qualità dei titoli americani è in parte calata, colpa della tendenza al prequel, sequel, al remake. Se la prima sceneggiatura funziona, via via le successive non hanno lo stesso appeal, talvolta sono rimediate.

Ora avete investito anche nella produzione nazionale?
Sì, da qualche anno Universal è sensibile a questa nuova strategia. Nel 2009 abbiamo deciso di essere presenti nella produzione nazionale, entrando nella società Cattleya, di cui abbiamo acquistato una quota.

In attesa di interventi sanzionatori contro la pirateria, come vi state organizzando per favorire un download legale?
Credo molto nel successo del ‘sito’ UltraViolet che, una volta raggiunti gli accordi con i players più importanti, penso a Apple e Disney, proporrà in rete a costi accettabili e contenuti il meglio della musica, del cinema e del teatro internazionali.

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