“Poter raccontare in tv una vicenda come quella accaduta nell’isola di Cefalonia è un’altra conseguenza positiva della caduta del Muro di Berlino”. E’ così che il regista Riccardo Milani e gli sceneggiatori Rulli e Petraglia spiegano il loro impegno umano e artistico nella realizzazione della nuova fiction per Raiuno, Cefalonia, in onda in prima serata lunedì 11 e martedì 12 aprile. “Vent’anni fa non si sarebbe potuto parlare di questa pagina della storia del Paese tanto vergognosa per la classe politica italiana. Ora la vergogna sarebbe continuare a tacere”.
Prodotta da Carlo Degli Esposti per la Palomar (Perlasca, un eroe italiano, Il tunnel della libertà ) e da Silvio Severi e Aldo Raparelli per Cineateam, la fiction racconta il massacro di migliaia di soldati italiani della divisione Acqui di stanza nell’isola greca, perpetrato dagli ex alleati tedeschi all’indomani dell’armistizio annunciato via radio da Badoglio l’8 settembre 1943. Ma Cefalonia, che ha ricevuto proprio in questi giorni da Carlo Azeglio Ciampi l’Alto Patrocinio della Presidenza della Repubblica, non è solo un racconto di morte – come sottolinea Milani – “bensì una storia di pace e di gloria di personaggi che contribuirono attivamente alla Resistenza e alla liberazione della Grecia dall’invasione tedesca”.
Tra i protagonisti della fiction, che si avvale della collaborazione di Ennio Morricone per la rilettura dell’Inno di Mameli e l’intera colonna sonora (uscirà in un cd nelle prossime settimane), compaiono Luca Zingaretti, Luisa Ranieri, Jasmine Trinca, Roberto di Francesco e Valerio Mastandrea.
Riccardo Milani (Auguri professore; Il sequestro Soffiantini) con Cefalonia si confronta con il primo caso di democrazia in una comunità come quella militare con un forte senso della gerarchia: 525 ufficiali e 11mila soldati si ritrovarono sullo stesso piano a decidere, con un referendum, se lasciarsi prendere come prigionieri dall’esercito tedesco o combattere contro di loro per affermare la propria libertà. Un no alla resa fu il punto di partenza per la nascita di un’identità nazionale.
Cosa ha spinto Riccardo Milani ad affrontare una vicenda storica come quella della divisione Acqui?
Dal punto di vista professionale raccontare un pezzo di Storia così importante del proprio Paese è la cosa più gratificante per un regista. Ma la cosa più stimolante è stato poter costruire il film partendo dal punto di vista di chi ha vissuto quelle vicende sulla propria pelle. Quei ragazzi che non avevano mai visto il mare e che erano stati mandati a fare la guerra finalmente potevano decidere in prima persona con chi schierarsi.
E’ dunque una storia di eroi?
E’ una storia di persone semplici, spesso anche analfabeti, costretti a prendere decisioni eroiche. Il loro è eroismo della necessità. Hanno paura di morire da un momento all’altro e fanno della guerra il loro lavoro quotidiano cercando di svolgerlo al meglio che possono.
Raccontare il passato, farlo conoscere alle giovani generazioni può costituire un collante con l’attualità che stiamo vivendo?
Certamente. Quello che mi ha colpito delle vicende personali di quei soldati è stato il loro senso di appartenenza. Sentivano di dover combattere per la libertà della loro patria. Molte volte si usano con difficoltà ed enfasi parole come onore e gloria, ma in questo caso le gesta dei soldati italiani hanno riempito quei termini di rispetto per i valori della Costituzione, un rispetto che le giovani generazioni devono imparare.
A ispirarla i racconti di un vero reduce, Olinto Perosa, all’epoca dei fatti portaordini della divisione Acqui. Qual è stato il suo contributo per la realizzazione della fiction?
Olinto oggi è un “giovanotto” di 82 anni in pensione. Ha passato l’intera vita a raccontare quel pezzo di storia italiana. Lui stesso è un pezzo di storia italiana.
Al cinema, anche il suo ultimo film Il posto dell’anima, raccontava la storia di operai in lotta contro un regime, seppur non militare.
Trovo che ci sia un filo conduttore che accomuna tutti i miei lavori. In quel film raccontavo la storia di un gruppo di disoccupati che compie una battaglia per affermare la propria identità e il proprio posto, se pur piccolo, nella società. Non credo che ci siano barriere tra il modo di raccontare al cinema e quello in televisione.
E dopo Cefalonia, altri progetti?
Per quanto riguarda la televisione ho delle cose in ballo, ma, come si dice in questi casi, è ancora troppo presto per parlarne. Per il cinema, invece, sto lavorando a un film sulla storia del jazzista Luca Flores tratto dal libro Il disco del mondo di Walter Veltroni.
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