“Sordi mi ha aiutato tanto a rendermi famoso tra il pubblico, così come è accaduto con Totò. Eravamo amici non solo sul lavoro, ma fuori dal set ci frequentavamo spesso”. Così Mario Monicelli, padrino d’eccezione per la retrospettiva dedicata all’attore romano. Una retrospettiva promossa, a 2 mesi dalla scomparsa, dalla Scuola nazionale di cinema: dal 15 aprile all’11 maggio a Roma, alla Sala Trevi ribattezzata appunto ‘Alberto Sordi’.
Si comincia con Polvere di stelle, prova di regia di Sordi all’inizio degli anni ’70, e si continua con più di 20 film, opere meno note accanto a capolavori come I vitelloni.
Assente, alla presentazione del progetto, Dino Risi, di cui è prevista una rassegna nei prossimi mesi sempre alla Sala Trevi-Sordi, è toccato a Monicelli fare da sponsor all’iniziativa. Rammaricandosi per la mancanza dal programma, che propone sia La grande guerra che Un borghese piccolo piccolo, di una pellicola da lui diretta nel 1955, Un eroe dei nostri tempi, meno importante e famosa di altri suoi film e tuttavia anticipatrice del personaggio creato da Sordi.
“Oltre che un attore è stato anche un autore. Proprio Alberto ha inventato quel tipo vile, pieno di cinismo, senza nessuna considerazione verso l’altro, pronto ad arrangiarsi a qualsiasi prezzo. Un personaggio che contravviene alla regola principale dell’attore comico, cioè quella di rendersi simpatico, un timido che fa tenerezza e pietà al tempo stesso. E invece con una figura tutt’altro che popolare Sordi è riuscito a far ridere”.
Ed è su questo ‘italiano tipico’ che hanno lavorato registi e sceneggiatori. “Non fu facile convincerlo a interpretare in Un borghese piccolo piccolo – che segna la fine della commedia all’italiana – quella specie di mostro che è il padre di famiglia. Ma come ogni grande attore comico Alberto riuscì a essere un grande attore drammatico. A distanza di anni lo ricompensai per quel ruolo tanto scomodo con Il marchese del Grillo“.
Monicelli ha infine voluto sfatare il luogo comune di un ‘Albertone’ avaro, ricordando l’immagine di uomo molto cattolico e osservante, che spesso dava in beneficenza parte dei suoi compensi, forse anche per guadagnarsi quel posto nell’aldilà, in cui credeva con fede ferrea e popolare.
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