TORINO – Lo chiama il “referendum di Marchionne”, per mettere bene in chiaro che i lavoratori l’hanno solo subìto. Daniele Segre, documentarista duro e puro che da sempre si è occupato delle emergenze legate al lavoro, non poteva non essere ai cancelli di Mirafiori il 13 e 14 gennaio 2011, quando si è chiusa un’epoca di conquiste e diritti. Una svolta epocale che proprio in queste ore sta vivendo un nuovo drammatico capitolo con il tentativo, fortemente contrastato dalla Fiom, di estendere l’accordo di Pomigliano a 86mila lavoratori, non solo metalmeccanici, in 15 regioni italiane.
Al Torino Film Festival il regista piemontese ha portato questo amaro viaggio à rebours, Sic Fiat Italia, un requiem alle conquiste sindacali e alle lotte operaie, ma anche alla centralità di Torino come città dell’automobile, perché il manager senza cravatta potrebbe presto trasferire la sede centrale a Detroit o New York. Il film raccoglie le concitate voci dei lavoratori fuori dai cancelli, costretti a spaccarsi tra il sì e il no, tra chi vuole conservare a qualsiasi prezzo il posto di lavoro e chi pensa invece a difendere la dignità del lavoratore immaginando anche un futuro per chi verrà dopo. Quindi dà spazio alla Cgil con le parole del segretario della Fiom Landini e di Giorgio Airaudo, responsabile Auto sempre della Fiom, gli attori protagonisti di questa storia purtroppo non alla Ken Loach. Il resto è affidato alle immagini dei tg che in quei giorni assediavano con le telecamere la fabbrica, ma soprattutto a un intenso lavoro che si discosta, come sempre nel cinema di Segre, dalla diretta per scavare nei volti e nelle storie personali e utilizza brandelli di altri suoi documentari: Partitura per volti e voci, Asuba de su serbatoiu, Morire di lavoro, Via Due Macelli, Italia sulla chiusura dell’Unità.”Seguo ogni volta l’istinto, rispondendo a un segnale che arriva dalla realtà, come fu quando andai a Crotone dopo aver visto i fuochi sulla statale, o tra i minatori della Carbosulcis a cui Berlusconi aveva stretto la mano”.
Qui è stato il referendum a richiamarlo. “Come punto di non ritorno che chiude un tempo democratico e spunto per riflettere sul mio lavoro degli ultimi vent’anni”, sintetizza il cineasta, che definisce il suo un cinema d’intervento e di relazione. “Non mi interessa il reportage, vorrei cambiare le cose, nutrire i cervelli e offrire allo spettatore uno strumento”. Specialmente perché il caso Fiat riguarda tutti, “è una deriva democratica perché un paese democratico garantisce il benessere e la dignità dei lavoratori”, mentre il referendum serve a “far votare una volta e non far votare più”. Lo dice bene Airaudo: “Su una lavagna c’è la storia della libertà e dei diritti che viene tolta con un colpo di spugna e in questo c’è una forte responsabilità della politica”. Anche della sinistra. Su questo la riflessione di Segre è spietata. “Pietro Ingrao indica il momento in cui è iniziata questa sconfitta, quando la sinistra ha perso la sua identità. E’ una sconfitta non solo della sinistra, ma della politica in generale”.
Cinema autofinanziato – e la proiezione per il pubblico torinese era aperta a tutti – per un autore che dice di sé “vivo in un bunker, isolato ma libero”. E racconta che Raitre non ha voluto Morire di lavoro, nonostante fosse stato proiettato al Parlamento europeo e italiano. Ma la buona notizia è che Sic Fiat Italia è stato acquisito da Feltrinelli Real Cinema che lo distribuirà in dvd nel 2012 e che pensa a un cofanetto con tutti i film di Segre sul lavoro, mentre tra i progetti futuri troviamo un ritratto di Luciana Castellina e un documentario sulla Torre di Pisa sostenuto da Regione Toscana e Film Commission Toscana: “Ho ripreso i turisti che arrivano da tutto il mondo per mettersi in posa sotto la Torre, è stato un modo per liberarmi da tante storie pesanti”.
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