Opera seconda del regista palestinese Muayad Alayan (dopo Amore, furti e altri guai), Sarah & Saleem – Là dove nulla è possibile arriva anche in Italia dal 24 aprile con Satine Film, dopo aver conquistato al Festival di Rotterdam sia il Premio del Pubblico Hubert Bals che il Premio Speciale della Giuria per la sceneggiatura, firmata dal fratello Rami Alayan.
La passione segreta tra gli adulteri Sarah, proprietaria di un caffè ebraico, e Saleem, fattorino arabo, avrà delle conseguenze ben più importanti della crisi dei loro matrimoni, in una Gerusalemme in cui anche una storia privata tra due persone scatena conseguenze politiche e sociali di portata inimmaginabile. Questa relazione extraconiugale assume una pericolosa dimensione pubblica quando i due vengono avvistati nel momento sbagliato nel posto sbagliato. Tra colpi di scena e circostanze imprevedibili, Sarah e Saleem si ritrovano coinvolti in una situazione più grande di loro, che trascende le responsabilità familiari per diventare un caso politico.
“Ambientando la storia di due coppie nella città divisa di Gerusalemme, ho potuto descrivere come, la vita nella Città Santa, arrivi a dettare pericolose soluzioni a situazioni sociali drammatiche piuttosto comuni, che possono accadere in qualsiasi parte del mondo – spiega il regista – Quando accadono qui, con questa schiacciante pressione dell’ambiente politico-sociale, alle persone viene imposto un prezzo da pagare più alto: sono spinti ad agire egoisticamente e dolorosamente l’uno verso l’altro per preservare la propria sopravvivenza. Quanta pressione un essere umano può sopportare prima di sacrificare il proprio codice morale?
Ero un adolescente durante gli anni della seconda rivolta palestinese, l’Intifada. Gerusalemme era ossessionata dalla paura e dalla tensione. Per quanto oscuri fossero quei giorni, tutti dovevamo continuare a vivere, respirare, assicurarci un reddito e cercare la felicità. All’epoca dovevo prendere lavoro nella parte occidentale della città, come fanno la maggior parte dei palestinesi di Gerusalemme Est. Come per gli altri palestinesi, questo sarebbe stato il mio primo incontro con la comunità israeliana, al di là dei soliti incroci quotidiani con i soldati israeliani.
Questa esperienza mi ha permesso di assistere alle interazioni quotidiane dei palestinesi con la comunità israeliana. Testimoniare era anche sperimentare in prima persona come, nella tesa atmosfera politica che stavamo vivendo, fossero possibili anche alcuni rari momenti di tranquillità che potevano farti dimenticare le barriere sociali e politiche instaurate tra te e l’altro. Tuttavia, ho anche assistito, al tempo stesso, a come le divisioni politiche e sociali si facessero strada nelle interazioni umane ll’ improvviso e quando uno meno se lo aspettasse, e come le barriere tornassero al loro posto in un batter d’occhio.
Con Rami Alayan, mio fratello e sceneggiatore volevo raccontare una storia basata saldamente sulla vita quotidiana a Gerusalemme, una storia che parlasse della nostra capacità di connessione e interazione umana, cosi come dei nostri umani limiti di fronte alle pressioni estreme derivanti dal nostro ambiente repressivo”.
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