Con una moglie che si chiama Chiara (Giordano) e un figlio di pochi mesi chiamato Francesco, era destino che nella vita di Raoul Bova entrasse, prima o poi, il santo del Cantico delle Creature.
Per calarsi anima e corpo nel ruolo di San Francesco d’Assisi, l’attore ha cercato a tutti i costi di avvicinarsi alla santità. Non solo ha perso 14 chili ma si è anche rinchiuso in un convento per cercare di comprendere fino in fondo la scelta di Francesco.
Raoul Bova ha girato a Cinecittà Francesco, film-tv kolossal (12 miliardi di budget, un vero record) in due puntate che andrà in onda domenica 6 e lunedì 7 ottobre su Canale 5 in prima serata dopo un’anteprima alla presenza del presidente Ciampi. Accanto a lui, nel lavoro diretto da Michele Soavi e prodotto da Pietro Valsecchi della Taodue Film (coppia che viene da film d’azione come Ultimo e la Uno Bianca) ci sono Gianmarco Tognazzi nei panni dell’amico Bernardo e la francese Amélie Daure in quelli di Santa Chiara.
“In tempi di guerra, di Erike che uccidono madre e fratelli, di ecstasy, non esistono validi esempi per i giovani”, dice Valsecchi nel presentare il lavoro, nato due anni fa, prima delle crisi internazionale. “Un uomo come San Francesco riesce a dare un grande messaggio, attuale ancor’oggi perché è una figura di riferimento dalla forte spinta ideale e spirituale”.
Dopo i precedenti film girati da Zeffirelli, Bolognini e Cavani, questo sarà un San Francesco diverso, moderno, lontano dall’iconografia classica del santo che accarezza il lupo e parla agli uccelli.
“Il nostro Francesco è un Ultimo che sta dietro tutti, non si espone e vede la luce proprio perché ultimo. Per renderlo più vicino alle mie corde ho puntato sulla sua visionarietà, sul percorso dell’ascetismo che lo porta alla santità. Francesco è un guerriero, un combattente che lotta per credere e far credere in qualcosa”, spiega infervorato il regista Soavi.
Ma come sarà il Francesco di Raoul Bova?
E’ un Francesco a 360 gradi. Moderno, che piacerà ai giovani, diverso dall’immagine di uomo buono e misurato che conosciamo. Francesco è un combattente, uno che si arrabbia, che ha carattere, temperamento, si fa del male per capire, si arrabbia con chi gli dice che professare fuori della chiesa è eresia. Ma la sua idea è portare il verbo del Vangelo vivendo in mezzo al mondo. E’ uno che fa anche il giullare per le cose in cui crede, per colpire, per entusiasmare.
Ti ha messo un po’ in crisi questo santo?
Interpretare un santo non è facile, nonostante Francesco sia il più affascinate e conosciuto al mondo. Prima delle riprese cercavo di capirlo, ma non ci riuscivo. Allora ho cercato Francesco dentro di me, nella semplicità. Mi ha aiutato molto anche guardare i miei due figli, Alessandro Lèon e Francesco. Lui sta nella purezza, nell’ingenuità degli occhi di un bimbo che guarda il mondo affascinato, non in modo annoiato come facciamo noi. Per me era importante capire perché un prete si fa prete e un santo diventa santo. Perché noi no, mi domando? Anche noi potremmo diventare santi! Mi ha incuriosito anche il suo ideale di cavaliere che si trasforma dopo aver visto tanta morte e sofferenza durante la guerra tra borghesi e nobili e la guerra santa.
Vedi un possibile San Francesco dei giorni nostri?
Tutti possono esserlo, potenzialmente. Madre Teresa di Calcutta, Padre Pio, il Papa. L’importante è come si fanno le cose nella vita: tanti uomini ricchi, ad esempio, sono vicini a Dio e tanti poveri lo bestemmiano. A San Francesco si potrebbero avvicinare oggi i “punk-a-bestia”, persone normali che hanno deciso di tagliare col mondo e vivere di elemosine con gli animali. L’umiltà di Francesco infatti deve essere anche mentale.
Raoul, da sex-symbol da calendario a guida dei giovani che aspirano alla spiritualità. Un bel passo, no?
Ho sentito che potevo avvicinare il mio modo di pensare a quello di San Francesco e comunicare alcuni concetti a lui vicini, anche combattendo l’immagine che fino ad oggi si è avuta di lui: basso, rachitico, magrolino. Ho cercato con umiltà di interpretare un personaggio moderno, che colpisse i giovani dei nostri tempi, che si possono identificare in lui più che in passato.
Quanto ha aggiunto alla tua religiosità questo personaggio?
Sono stato sempre abbastanza religioso. Ma oggi sono più tranquillo e sereno, meno bigotto nel considerare la religione. Francesco mi ha dato la forza. Adesso so che per capire il Vangelo bisogna essere se stessi. Anche la paternità mi ha cambiato molto, mi ha fatto crescere.
E’ vero che ti sei chiuso anche in convento?
Sì, perché vagavo nel buio. I frati che mi hanno accolto mi dicevano: “Perché ti danni tanto, anche noi frati stiamo cercando Francesco. Capirlo in due mesi sarebbe impossibile. Lo troverai da solo, senza cercarlo”. Ora sono sicuro che Francesco mi ha guidato in ogni scena. Giravo in un modo e poi, nel monitor, le scene le vedevo in un altro, non come le avevo fatte. Ed erano più belle: la gente si commuoveva. Anche con Michele Soavi sul set si è creata una strana alchimia: era come se già sapesse tutti i miei stati d’animo!
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