Esce il 4 luglio, in 900 copie, l’attesissimo The Amazing Spider-Man, nuovo capitolo delle avventure dell’Uomo Ragno. Tutti ormai sanno che, rispetto ai precedenti tre film diretti da Sam Raimi, questo episodio, affidato a Marc Webb – il cui cognome, una garanzia, suona come ‘tela’ – riazzera completamente la storia affidandosi anche ai volti nuovi di Andrew Garfield (il protagonista), Emma Stone (la bella), e Rhys Ifans (il cattivo Lizard, che si tramuta in una creatura digitale).
Rispetto a quanto fatto in precedenza, il nuovo Arrampicamuri risulta più dark e romantico. La storia d’amore tra Peter Parker e Gwen Stacy è l’asse focale della faccenda ed è portata avanti in maniera credibile e curata. Le origini dell’eroe, invece, sono affrontate in maniera un po’ frettolosa, forse per l’ansia di non ripetere una storia che in fondo abbiamo già visto al cinema ‘solo’ dieci anni fa. Tanto che risulta sbiadito il tema dell’asse potere-responsabilità, punto focale dell’essenza di Spidey, che qui è appena accennato, mentre invece si dedica molto tempo al mistero della scomparsa dei sui genitori, di cui non si parlava nella precedente versione. E’ vera anche una cosa: questo nuovo Spidey è pensato già per far parte di un ciclo, quindi lascia molti punti aperti e possibilità di evoluzione del personaggio. Chi segue i suoi fumetti sa benissimo che il suo primo amore Gwen non è destinata a una bella fine. Forse Peter diventerà più responsabile in un possibile sequel, dopo un ennesimo evento drammatico.
Ma Webb, venuto in conferenza a Roma per presentare il film, non può evidentemente sbilanciarsi: “So dove volete andare a parare – scherza – Posso dirvi: perché no? Mi piace l’idea che il personaggio possa evolversi, lasciargli dello spazio per crescere. Spider Man è un’icona, diversamente da Harry Potter che è basato su pochi libri, ha alle spalle milioni di storie e di elementi interessanti. Io ho cercato di approcciarlo con un tono il più possibile ‘naturalistico’. Volevo che mantenesse i piedi per terra. Ho lavorato molto sull’abbandono dei suoi genitori perché ritengo sia un punto focale della sua storia: è una persona sola, per questo sviluppa un impulso eroico ben prima di venir morso dal ragno che gli dona i superpoteri, un impulso che non corrisponde alla sua forza fisica ma lo distingue dagli altri”.
“E’ importante che sia un orfano – commenta l’interprete Andrew Garfield – perché solo un orfano sarebbe in grado di affrontare tutto ciò che capita a Peter. Lui viene morso dal ragno, suo zio muore, lotta con un criminale mutante, insomma, è roba pesante. Ma la sua empatia per le vittime e il suo viaggio emotivo lo portano a diventare protettore di un gruppo, una comunità. Avevo tre anni la prima volta che mi sono mascherato da Spidey e avevo davvero la sensazione di essere lui. Lo adoro da sempre ma, quando mi sono messo il costume per interpretare il film, era tutto diverso. Avevo addosso un sacco di pressione, sentivo il peso delle responsabilità, con tutti quei soldi in giro e i milioni di fan che mi aspettavano al varco. Ma sono io stesso un fan, è così che ho affrontato l’esperienza”.
“Raimi ha fatto un lavoro molto bello nel mantenersi fedele ai fumetti originari di Stan Lee e Steve Dikto – dice ancora Webb – Credo che siano stati toccati da qualcosa di trascendente quando l’hanno creato. Non so dire perché Spidey piaccia così tanto, forse perché è il primo supereroe di cui non si vede il volto, per cui chiunque vi si può identificare al di là dei suoi tratti, del colore della sua pelle. Io volevo qualcosa di più realistico, e ho potuto ottenerlo grazie alla grande performance dei miei attori. Sia Spidey che il Dott. Connors vogliono riempire un vuoto: a Peter mancano i suoi genitori, e questo lo trasformerà in Spider-Man, a Connors manca il suo braccio, e questo lo trasforma in Lizard quando si innesta i geni di una lucertola per farselo ricrescere”.
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