Un mondo selvaggio, dominato da una natura non addomesticata dall’uomo, che fornisce il pane quotidiano e distrugge ogni cosa con la stessa generosa indifferenza. E’ in quel mondo, il bayou, ovvero le zone paludose del Delta in Louisiana, che un padre e una bambina di 6 anni, Hushpuppy, vivono lontani da tutto, senza computer o televisioni, ma anche senza coltello e forchetta, con i mostri della tecnologia all’orizzonte, separati da un muro che impedisce all’acqua di defluire. Le autorità vorrebbero trasferirli, evacuare la zona, ma loro due, come gli altri buffi abitanti di quei luoghi, resistono, come su una moderna Arca di Noè. La piccola che, abbandonata dalla madre, continua a parlarle e chiederle aiuto, ascolta il battito del cuore degli animali e costruisce la sua filosofia che sa anche fare i conti con la morte, mentre impara a pescare con le mani, a resistere alle piogge, a curare con le erbe, allevata come futuro “re” (re e non regina perché le sue qualità sono squisitamente maschili) di quel regno primordiale abitato anche, almeno nella sua fantasia, dagli Aurochs, animali mitologici che annunciano l’apocalisse.
Re della terra selvaggia dell’esordiente Benh Zeitlin arriva in Italia il 7 febbraio con la neonata Satine Film dopo aver fatto incetta di premi (dal Sundance alla Caméra d’or di Cannes) e ottenuto ben quattro nomination. “Tutto inatteso – dice il giovane regista – per un’opera realizzata da esordienti assoluti e senza personaggi famosi, di solito indispensabili all’esito di un film indipendente americano, anche solo per trovare un distributore. Abbiamo finito il montaggio due giorni prima dell’anteprima al Sundance e la reazione entuasistica della stampa ci ha sorpreso e travolto”.
Zeitlin, nato nel 1982, compositore di musiche e autore di cortometraggi, vive a New Orleans con un branco di animali selvaggi e si sente che ama e conosce la vita che descrive, tanto che giura che continuerà a lavorare in quei paraggi e con lo stesso collettivo di persone, nonostante il successo planetario. “Racconto un mondo che è tipico della Louisiana, persone che dipendono soltanto da se stesse per sopravvivere e che hanno valori ben diversi dal resto dell’America. Per loro, che hanno visto le proprie case, le automobili e tutto il resto, affondare nella melma chissà quante volte, uragano dopo uragano, inondazione dopo inondazione, e che hanno scelto comunque di restare, gli oggetti sono molto poco importanti, quello che conta sono gli affetti e le tradizioni. Il film descrive questo ambiente, soprannominato Bathtub, la vasca da bagno, ma non come farebbe un documentario, piuttosto come una favola”. Ed è anche un poetico richiamo a un rapporto di rispetto verso una natura che le violenze e le manipolazioni dell’uomo contemporaneo rischiano sempre più di annientare.
Zeitlin, che si è ispirato al testo teatrale della cantastorie Lucy Alibar, anche sceneggiatrice, ci racconta come ha trovato la protagonista Quvenzhané Wallis, la più giovane candidata all’Oscar di tutti i tempi, ora ha 9 anni, in lizza con Emmanuelle Riva che di anni ne ha 85. E’ stato grazie a un casting fatto dagli stessi che avevano organizzato in Louisiana la campagna di Obama. “Abbiamo girato nove mesi per le scuole, ma quando è apparsa lei, è stato un miracolo, vederla recitare è come ascoltare Beethoven che suona il piano a 5 anni. Però, per dirigerla, bisognava trovare il linguaggio giusto, spesso mi ricordava che ha solo 6 anni e non voleva paroloni ma esempi concreti. Anche oggi non si è montata la testa, pensava che Oscar fosse il nome di qualcuno”.
Zeitlin considera straordinario anche solo “essere candidato insieme ad alcuni dei più importanti registi del mondo”. Per lui, che ha avuto i complimenti di Robert Redford, Emir Kusturica e del presidente Obama, tutto sembra essere molto più elementare e semplice. Schiva persino i riferimenti ai grandi modelli, anche se riconosce di amare i film di Malick e quelli di Herzog. “Non ho cercato ispirazione in altri filmaker, piuttosto l’ho cercata nelle persone. Persone che hanno scelto di non trasferirsi in luoghi più sicuri e confortevoli perché si sentono creature della palude e non vivrebbero altrove, proprio come gli animali che appartengono a un habitat”.
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