‘Quattro quinti’: alla Festa del Cinema il docu-film accessibile

Blindsight Project ha curato l’accessibilità del docufilm Quattro quinti di Stefano Urbanetti, docufilm che passa alla 18esima Festa del Cinema.


E’ la “palla oltre la barriera”: 66 minuti di forti emozioni, vissuti nel mondo del calcio, giocato però da chi è cieco o ipovedente. Il regista riesce a farsi raccontare la vita di 5 uomini italiani con disabilità visiva, tra campo di gioco, spogliatoi e quotidianità.

Le loro storie,  ma anche quelle di chi, vedente, si impegna ogni giorno per migliorare la qualità della vita di chi non vede: un esempio di forza, coraggio, solidarietà e, soprattutto, tanta allegria e voglia di vivere, non solo in campo. Il film è una testimonianza importante che squarcia il buio dei pregiudizi sulla cecità, abbatte ogni barriera ed evidenzia anche il ruolo che può assumere il calcio, e tutto lo sport in generale, nel perseguire questo scopo.

“Già dalla sua presentazione questo docufilm è accessibile alle persone disabili sensoriali, infatti Audiodescrizione e Sottotitoli sono presenti gratis su MovieReading: un nobile esempio da seguire, per non escludere più nessuno, così come dovrebbe essere anche nello sport, e ci auguriamo tutti succeda presto.”, afferma Laura Raffaeli che, per Blindsight Project, ha curato l’accessibilità del film.

Il testo dell’audiodescrizione è di Laura Giordani, i sottotitoli in italiano sono di Barbara Paradiso, la traduzione dei sottotitoli in inglese è di Caterina La Colla, la voce è di Raffaella Castelli.

Il progetto, dice il regista “nasce da un incontro casuale con un giocatore, poi diventato uno dei protagonisti del film, oltre che mio grande amico, Jacopo Lilli. Ed ho cominciato il giorno dopo quell’incontro, come investito da una vocazione spontanea,  a lavorare in modo compulsivo a questo film. Questo film ha avuto una genesi lunga e tribolata ma poi è diventato nel corso del tempo qualcosa di indistruttibile, come un piccolo e resistentissimo bonsai. L’immenso maestro Vittorio de Sica una volta disse che per poter dire di essere a tutti gli effetti un “Regista” bisognava aver diretto perlomeno una volta dei bambini o degli animali. A me, nel mio piccolo, è già capitato di dirigere bambini e animali, e, in effetti, è molto  ma devo confessare che dirigere attori non vedenti è stata per me un’esperienza unica che mi ha cambiato la vita.  Il  film è stato un  viaggio nel quale mi sono avventurato e immerso entrando in contatto con i protagonisti che mi hanno sempre supportato. Per me è stato come un viaggio nello spazio, verso una dimensione ignota e  completamente sconosciuta. Ho rischiato più volte di perdermi su questa navicella. E di rimanere risucchiato dalle voragini dei buchi neri..Ma poi sono atterrato, seppur con difficoltà,  su questo splendido e rigoglioso pianeta. Dove ho dovuto cominciare ad imparare un nuovo linguaggio. Un linguaggio che non ha niente a vedere con tutto ciò che è visivo, ma che lavora essenzialmente mettendo in gioco tutti gli altri sensi. D’altronde ogni volta che si esplorano luoghi lontani bisogna imparare la lingua ufficiale per entrare veramente in contatto con la gente autoctona. Confesso che ho dato tutto me stesso per imparare questo linguaggio e vincere il loro iniziale e naturale scetticismo – poi quando hanno riconosciuto la mia autentica voglia di raccontare a fondo la loro realtà mi hanno aperto, anzi spalancato, i loro cuori. Cuori veramente speciali”.

Quattro quinti può essere visto come un atipico film di supereroi: “non come quelli della Marvel – specifica l’autore – che il pubblico è abituato a vedere e consumare come fast food.  E’ una storia con personaggi avvincenti e spietatamente veri che lottano contro dei conflitti che superano stoicamente. C’è poi un sogno che alla fine si realizza. Diciamo un colpo di scena, alla fine del film. Il più bel happy end che ci potesse essere: la nascita della scuola calcio per bambini non vedenti. Non c’è uno specifico protagonista. Perché una volta scandagliati gli sterminati materiali del girato (oltre 30 ore) mi sono reso conto della inesauribile ricchezza che tutti i personaggi potevano offrirmi. Così ho deciso di raccontare la storia, anzi loro l’hanno raccontata io mi sono solo limitato a filmarla, creando un tessuto di voci comuni, un coro unanime. Nello specifico nonostante abbia avuto come maestro Sergio Citti – un grande sceneggiatore e dialoghista – e provenendo quindi da una formazione legata a un cinema di scrittura, di sceneggiatura prima dell’inizio delle riprese – in questo progetto è stato solo durante la fase di montaggio dei materiali che ho messo veramente a punto la drammaturgia del film. Fase durata quasi due anni, in cui il racconto ha preso realmente corpo, e, come avrebbe detto Sergio Citti, da una piccola fragile piantina è diventato un robusto e splendido albero”.

Il film è accessibile a tutti: “Condizione base perché il film possa definirsi finito – chiude Urbanetti – altrimenti sarebbe condiviso solo da un’élite, quella dei normodotati. Quattro quinti vorrebbe aprire un varco e spalancare gli occhi ai normodotati, per una battaglia legata all’inclusività dello sport per tutte le forme di disabilità non solo visiva. In questo percorso ho avuto il supporto di associazioni sensibili al tema della disabilità come Blindsight project, Controluce e Movie Reading. A un certo punto ero convinto che questo film non sarebbe mai uscito, che sarebbe stato come il Don Chisciotte di Welles, ma poi ho trovato due angeli sul mio cammino che hanno il nome di Laura Raffaeli e Stefano Di fiore, e alla fine è grazie a loro che il film si è concluso e “tutti” potranno vederlo”.

 

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20 Ottobre 2023

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