VENEZIA – La vita di Marijana gira intorno alla sua famiglia. Vivono tutti in un piccolo appartamento uno sopra l’altro, rischiando di impazzire. Poi il padre viene colpito da un ictus che lo costringe a letto senza più alcuna capacità di controllo, e Marijana assume il ruolo di capofamiglia. Così si ritrova con due lavori per sopravvivere, mentre la madre e il fratello disabile ce la mettono tutta per far affondare la barca.
“Quit staring at my plate – spiega la regista croata Hana Jušić illustrando il titolo del film in selezione alle Giornate degli autori – è un’espressione che si usa in Dalmazia per dire ‘fatti gli affari tuoi’. Si riferisce a questa ansia di voler guardare nella vita delle persone, perfino, appunto, nel piatto dove mangiano. Per Marijana è un problema perché è anche soffocata dai suoi stessi parenti. Forse sono io stessa a osservare la sua vita, come regista, ma credo che anche lei osservi me”.
Spinta al limite, Marijana trova conforto in fuggevoli rapporti erotici con estranei, assaporando il gusto della libertà. “Il sesso può essere una via di fuga – dice ancora Jušić – e un modo di affermarsi come donna dal momento che nella sua vita privata Marijana non può esserlo, è diventata capofamiglia. Nel film non lo diciamo, ma prima di questa esperienza è vergine. Non può avere una vita sessuale. Quindi quando si abbandona agli istinti lo fa perché vuole fare qualcosa senza la sua famiglia, vuole costruirsi come donna matura. Ci tengo a sottolineare che non è lei a essere usata, è lei che usa gli altri per compiere questa operazione. Ha bisogno di controllare le persone anche per controllare la famiglia e affermarsi come essere umano. Certamente ho l’intenzione di mostrare bellezza anche nelle cose brutte, ma non vedo questo film come un film pesante, o deprimente. E’ un momento di cambiamento e di liberazione. Tutto era già nello script, nessuna improvvisazione. Probabilmente il fatto che la protagonista non avesse mai recitato ha contribuito a rendere tutto più naturale. Ha portato qualcosa di selvaggio. Sembra che improvvisi anche se non improvvisa. Mi hanno ispirato film che ho visto tante volte da ragazza, da Boys don’t Cry a Million Dollar Baby, ma anche Fishtank. Marijana viene da lì”.
Chiudiamo l’incontro con una domanda sulla situazione del cinema in Croazia: “L’economia da noi non va tanto bene e le cose non funzionano – conclude l’autrice – però paradossalmente per l’audiovisivo non c’è male. Hanno copiato il sistema danese e funziona. Ci sono molti registi e anche tante donne a fare cinema. Negli ultimi anni il governo di destra ha tentato di buttare giù il sistema, ma è caduto. Ora staremo a vedere cosa succede”.
Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo
Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"