Quando la comunità rom diventa un set


TORINO. Tre titoli al TFF targati Sardegna ci dicono che forse il cinema proveniente da questa isola sta vivendo un buon momento. In Concorso a Torino 30 c’è Su re di Giovanni Columbu, la passione di Gesù, dall’ultima cena alla crocifissione, raccontata attraverso una lettura sinottica dei quattro Vangeli. In Italiana.Doc L’amore e la follia di Giuseppe Casu sul trauma della chiusura delle miniere, nel Sulcis Iglesiente, e sulla rivolta di Manlio e Silvestro che nel ’92 si barricano per mesi nella miniera di San Giovanni, minando l’ingresso.

Nella sezione Festa mobile infine Dimmi che destino avrò di Peter Marcias (1977), che verrà distribuito da Pablo dal 29 novembre in Sardegna, la settimana successiva nelle città principali.

Il presunto rapimento di una giovane ragazza rom in un campo nomadi, poco fuori Cagliari, mette in rapporto due mondi che dovrebbero essere lontani se non antitetici: il commissario di polizia Esposito, vedovo e un po’ disilluso, e Alina, una giovane donna di origini rom rientrata da Parigi nella comunità natia. Una storia romantica tra due persone sole? Non proprio, semmai un rapporto di conoscenza che colma una distanza e rompe gli schematismi che entrambi hanno dell’uno e dell’altro. Alla fine di questo percorso che segnerà tutti e due, il commissario e Alina scopriranno anche qualcosa di se stessi che non conoscevano o avevano rimosso.

 

L’origine del film si deve alla Fondazione Anna Ruggiu Onlus che l’ha finanziato insieme alla Fondazione Sardegna Film Commission. In particolare il suo presidente Gianni Loy, che è anche lo sceneggiatore del film, ha pensato, nell’ambito dell’attività a sostegno dei Rom, a un intervento che lottasse contro lo stereotipo e il pregiudizio prevalenti verso questo popolo. “Per la prima volta ho avuto contatti con questa comunità, e in fondo ho fatto lo stesso percorso del commissario Esposito”, dice Marcias. E aggiunge, “è una vicenda che fa riferimento a situazioni che mi sono care come la diversità, l’integrazione, il dramma sociale. Tra le scelte caratterizzanti nello sviluppo del progetto, ho condiviso il netto rifiuto della facile tentazione di una scrittura in chiave antropologica e sociologica”.

 

L’attrice albanese Luli Bitri (Alina) – già protagonista di Amnistia, premio CICAE della critica a Berlino 2011 – si è preparata documentandosi sul mondo rom. “Decisivo è stato l’incontro con una ragazza che vive in parte la stessa situazione di Alina, così ho rubato da lei. E ho anche imparato alcune parole della lingua ‘romanes’ che mi hanno subito permesso di comunicare con loro”. Salvatore Cantalupo (Gomorra, Lo spazio bianco, Corpo celeste), nel film il commissario Esposito, si è rispecchiato nei bambini, “i loro giochi erano gli stessi che facevo io scugnizzo nei Quartieri Spagnoli”.

Il regista parla di un lavoro di preparazione di alcune settimane nei campi rom, che sono stati un set reale senza alcuna modifica scenografica, senza alcun abbellimento e viceversa. Marcias aveva preventivato all’inizio una decina di giorni in questa location, poi diventati un mese e mezzo. Durante questo periodo ha avuto una grande partecipazione dei rom che interpretano se stessi con estrema naturalezza, ma che hanno anche accettato, quasi per gioco, di indossare le divise da poliziotto, come nella sequenza dei controlli al campo. L’autore ci tiene infine a ribadire che si tratta di un film sull’interazione delle persone piuttosto che sull’integrazione. “Ma soprattutto ed essenzialmente parla di amore. Della possibilità di ascoltarci senza tener conto dell’etnia, della religione, del colore della pelle e di altro ancora…”.

autore
26 Novembre 2012

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