Sala piena a Roma, quella della FNSI, tre sessioni ricche di relatori – “Nuovi scenari normativi e documentario”, “Broadcasting e documentario: quale futuro?” e “Il produttore indipendente” – per gli Stati Generali del documentario italiano. La nuova Legge Cinema, apprezzata nell’impianto generale, torna in numerosi interventi, quando l’attenzione si rivolge ora soprattutto ai decreti attuativi.e quando la critica si concentra sul fatto che i costi di istituzioni quali la Biennale, Luce Cinecittà, CSC etc.siano previsti nel Fondo per lo sviluppo del cinema e dell’audiovisivo e non in altre voci di spesa.
La presidente di Doc/it, Agnese Fontana, invita tutti quanti i soggetti interessati e presenti agli Stati Generali a essere uniti in quella fase con proposte comuni, pur nelle diversità. Del resto il documentario non ha vita facile nel nostro paese, a differenza di altre realtà nazionali. L’Italia importa due terzi del prodotto non fiction e ne realizza meno di un terzo, mentre negli altri paesi le proporzioni sono rovesciate, come ricorda Marco Visalberghi, responsabile Doc/it del gruppo di lavoro Broadcasting.
Esistenza difficile che il documentario italiano patisce fin dal momento produttivo, quando per essere realizzato – sottolinea la presidente Fontana – sempre più deve ricorrere a una coproduzione internazionale per coprire il 60/70% dei costi con conseguente cessione dei diritti.
La Legge Cinema da poco licenziata per Sasha Manzo, consulente legale Doc/it, rappresenta allo stesso tempo un traguardo raggiunto, “viene data dignità al documentario”, e un punto di partenza, “per la tutela del produttore indipendente è essenziale la definizione che ne viene data”.
Anche Francesco Rutelli, neo presidente di Anica, è convinto che la riforma del cinema e dell’audiovisivo costituisca un’opportunità rilevante per il documentario che non deve essere visto come una specie protetta. Stefania Casini, vice presidente Doc/it, pone l’accento sulla parità di genere con l’obiettivo di riservare alle donne una quota significativa del Fondo per lo sviluppo, perché secondo i dati del rapporto DEA-Donne e audiovisivo, in sala negli ultimi anni solo il 9% dei film italiani è firmato da registe, ma ben il 33% di titoli che hanno vinto premi è a regia femminile.
Capitolo delicato è quello del rapporto con i broadcaster. Ai responsabili presenti di Rai 3, Rai Cinema, Sky Arte, 3DChannel Sky e A+E Network Italia, Visalberghi avanza alcune richieste precise: incontri annuali, comunicazione periodica, partecipazione finanziaria allo sviluppo, lettere d’impegno, programmazione pluriennale. L’obiettivo di autori e produttori di documentari è di non essere più vissuti come “scomodi e tollerati questuanti alle porte dei broadcaster”.
Terzo e ultimo panel degli Stati Generali quello dedicato al produttore indipendente, in particolare centrale è la sua definizione, nella scrittura dei decreti attuativi, secondo regole trasparenti, come sostiene Marco Luca Cattaneo, coordinatore CNA/PMI: “Mi trova d’accordo la definizione avanzata da Doc/it cioè quella di una società non controllata da major, con un fatturato, e con i diritti a capo del produttore”. E per Francesco Ranieri Martinotti, presidente Anac, produttore indipendente è colui che garantisce diversità e qualità nella creazione, produzione e distribuzione.
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