Era il 1975 quando il giovane Pupi Avati, reduce da due piccoli film indipendenti realizzati a Bologna – Balsamus, l’ uomo di Satana e Thomas, gli indemoniati – decide di girare La mazurka del barone della santa e del fico fiorone, un film ironico e dissacrante per il cui ruolo principale era previsto Paolo Villaggio, ma che finì per essere interpretato gratuitamente da Ugo Tognazzi.
In una videointervista presentata prima del film, Paolo Villaggio ha raccontato con tenerezza i divertenti aneddoti del set della Mazurka, come quando Tognazzi, pur di vedere la partita Italia-Polonia, si strappò la barba finta costringendo tutta la troupe a interrompere il lavoro.
A 30 anni di distanza il festival di Bellaria, diretto da Morandini, Costa e Segre, ha deciso di omaggiare quest’opera alla presenza del regista, che non rivedeva il film da allora.
Che effetto le ha fatto rivedere dopo tanti anni “La mazurka del barone della santa e del fico fiorone”?
Innanzitutto c’è stato lo stupore nel ritrovarmi di fronte a un film di cui ormai avevo un ricordo solo marginale e nel rivedere degli amici attori che all’epoca erano quasi dei bambini. E poi c’è stato l’imbarazzo per le interpretazioni del film: allora sembravano efficaci, oggi si dimostrano ingenue nel loro eccesso di enfasi. Era comunque un film coraggiosissimo e a cui sono molto grato, perché da allora si è innescato un meccanismo grazie al quale non mi sono più fermato.
Come accadde che il protagonista fu Tognazzi anziché Villaggio?
Villaggio, quando gli proposi il film,accettò subito, ma non sapevo che fosse inaffidabile e che avrei dovuto fargli firmare ogni singola pagina del copione. Tant’è che lo persi di vista e lo ritrovai solo in occasione dello storico “Torneo Tognazzi” di tennis che Ugo faceva a casa sua a Torvajanica. Ricordo che Villaggio, preso dalle partite, mi disse di lasciare la sceneggiatura su un tavolo di formica bianca e io capii subito che quel tavolo era la tomba del mio film. Invece qualche giorno più tardi mi chiamò Tognazzi da Parigi: aveva letto la sceneggiatura e voleva interpretare il film. Ovviamente non potevo rifiutare. Villaggio rientrò poi nel film con una piccola parte.
Con questo film lei uscì dalla schiera degli indipendenti ed entro nel circuito ufficiale?
Come i film che passano in questi giorni a Bellaria, tutto ciò che è indipendente è linfa vitale per il cinema cosiddetto “istituzionale”. Io feci i miei primi due film, di cui oggi in verità mi vergogno un po’, a Bologna grazie a finanziamenti locali. Anche quelli mi permisero di crescere e di diventare un vero regista.
A Bellaria alcuni direttori di festival hanno riflettuto sui tagli ai finanziamenti delle loro manifestazioni.
I festival di cinema hanno grandi problemi anche perché sono diventati troppi. Più aumenta il numero di eventi e più diminuisce la visibilità dedicata a ciascuno di essi. In questa situazione è normale che Morandini lamenti di non riuscire ad avere 30 righe su un quotidiano nazionale per un festival come Bellaria.
A che punto è “La seconda notte di nozze” con Katia Ricciarelli e Neri Marcorè? Lo porterà a qualche festival?
Siamo al montaggio. Quando vedremo il film finito, capiremo se sarà adatto per qualche concorso.
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