“Sono uno dei registi italiani più prolifici: in 33 anni di cinema ho sperimentato il gotico, l’horror, il musical, la commedia, il film storico”. E per Pupi Avati, bolognese classe 1938, il 2002 è l’anno del 30° lungometraggio.
Ha appena concluso le riprese di Il cuore altrove, prodotto da Rai Cinema e dalla Duea, casa di produzione creata alla fine del 1983 insieme al fratello Antonio, che lo affianca fin dall’esordio nel 1968 con il film Balsamus. L’uomo di Satana, e a ottobre sarà sul set di La rivincita di Natale, sequel del fortunato Regalo di Natale (1986).
Il cuore altrove, in uscita la prossima primavera con la 01, “è una commedia brillante, con venature drammatiche ed emozionali” spiega Avati.
Ambientato nella Bologna del 1929, racconta l’iniziazione amorosa del figlio del sarto di Papa Pio X, interpretato da Neri Marcorè. Dopo aver perso l’altro figlio, più portato per gli affari, il sarto (Giancarlo Giannini), “un furetto che assume le sarte per le dimensioni dei loro glutei” dice il regista, investe tutto nel secondogenito un po’ imbranato e lo invia nella città emiliana sperando che lì incontri la donna che garantisca la prosecuzione della dinastia. Con la complicità degli amici, tra cui un barbiere napoletano (Nino D’Angelo) e una locandiera (Sandra Milo) il ragazzo fa una serie di tentativi goffi e deludenti di trovare l’anima gemella, finché non si imbatte in una femme fatale (Vanessa Incontrada) che gli sconvolge la vita.
Come in molti altri suoi film, il nucleo tematico di “Il cuore altrove” è la difficoltà dei rapporti tra uomo e donna…
Si. Siamo nel 1929, l’Italia diventa via via più conservatrice e fascista. È una società a cui appartengo in modo indiretto perché nel primo periodo della mia formazione ho assorbito molto della cultura borghese. I rapporti tra i sessi sono molto complicati, condizionati in gran parte dall’aspetto economico e dal calcolo. Ora non è più così: ci si innamora e basta. Nella prima parte del film il protagonista incontra donne a cui la famiglia ha insegnato che nella scelta del potenziale marito conta soprattutto l’estrazione sociale. Eppure quella che lo fulmina smentisce questo stereotipo. Nonostante una menomazione è bella e sfrontata, forte e spiazzante. Assolutamente atipica per quei tempi, è moderna perfino per i nostri giorni. Lo seduce perché in fondo l’uomo cerca l’incertezza nella donna. Certo, innamorandosi di lei sfugge totalmente alle aspettative paterne.
Di solito è suo fratello che sceglie gli attori per i suoi film. È stato così anche in questo caso?
In questo caso più che mai. Antonio mi ha convinto a vedere una trasmissione sui libri condotta da Neri Marcorè che io non conoscevo affatto. Di lui mi ha colpito lo stile pacato, l’assenza di arroganza. Sembra che sia sempre alla ricerca di una giustificazione e ha un’affinità naturale con i più fragili. In questo mi assomiglia terribilmente: c’è una grande affinità psicologica con il mio carattere del passato e, in parte, anche del presente. Dopo le prime incertezze sul set Marcorè ha capito perfettamente come funziona la macchina cinematografica. L’ha affrontata senza la faciloneria di molti comici che si cimentano davanti alla telecamera. Di Giancarlo Giannini ammiro la grande longevità professionale: la sua grandezza sta anche nell’aver superato indenne le mode e le stagioni. Ho scritto il personaggio del sarto del Papa pensando a lui. E così è stato anche per Sandra Milo: confesso di averla scelta anche per sentirle raccontare gli aneddoti su Fellini durante le pause di lavorazione.
Ha girato a Cinecittà, che impressione ha avuto degli storici stabilimenti?
Avevo già lavorato a Cinecittà ma mai per così tanto tempo. Ho scoperto il know how dei tecnici che mi ha abbagliato. Ma mi ha scandalizzato che, mentre giravo, il mio era l’unico film in produzione, il resto erano prodotti per la tv.
Che cosa l’ha convinta a fare il sequel di “Regalo di Natale”?
L’entusiasmo dei 5 protagonisti: Diego Abatantuono, Carlo Delle Piane, Alessandro Haber, Gianni Cavina e George Eastman, che io chiamo ‘la mia nazionale’. Hanno mostrato nei miei confronti una riconoscenza rara nel nostro ambiente. Ci lega una forte solidarietà. All’inizio, quando mi hanno proposto il sequel gli ho consigliato di cercare un altro regista ma poi ho capito che l’unico modo per non rimanere deluso era tornare io stesso a dirigerli. Il film metterà in scena gli stessi personaggi 15 anni dopo.
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