Arriva finalmente anche in Italia, in 550 copie e immancabile 3D, l’attesissimo Prometheus, prequel della serie Alien diretto dal regista del film originale del 79, Ridley Scott. E arriva con notevole ritardo, per un kolossal legato a un franchise così popolare e amato. In USA, l’uscita è avvenuta il 3 giugno, e immediatamente dopo nel resto del mondo (dove ha incassato in tutto 380 milioni di dollari), lasciando il nostro paese a secco per tutta l’estate. Ma i curiosi, si sa, si attrezzano. Così, tra copie illegali e provvidenziali sortite all’estero – favorite dal periodo vacanziero, un po’ com’è avvenuto anche per Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno – alla fin fine esce fuori che chi doveva/voleva vederlo, l’ha già fatto. Non tutti ne sono rimasti entusiasti, c’è da dire.
Perché il film gioca un po’ ‘sporco’ richiamando da vicino l’antesignano (nella struttura, nelle situazioni, ma anche con citazioni dirette) senza mai riallacciarvisi del tutto. Nel 2089, la coppia di archeologi Elizabeth Shaw e Charlie Holloway scopre una mappa stellare tra i resti di diverse culture che storicamente non hanno avuto nessun tipo di collegamento o contatto. Elizabeth e Charlie interpretano questo come la prova dell’esistenza di precursori dell’umanità. Peter Weyland, discendente del fondatore della Weyland Corporation istituzione che ricorre in tutti i film della serie finanzia la costruzione della nave spaziale Prometheus per seguire la mappa per la lontana luna LV-223. L’equipaggio della nave viaggia in ibernazione, in compagnia dell’androide David che monitora il loro viaggio. Nel 2093, la nave arriva, e il suo equipaggio viene informato circa la missione da compiere: trovare gli alieni che, si presume, abbiano dato origine all’umanità, chiamati “Ingegneri”…
“Abbiamo chiamato il film Prometheus – racconta Scott – perché la metafora centrale della pellicola riguarda il Titano greco Prometeo, che sfidò gli dei dando agli esseri umani il dono del fuoco, azione per cui venne orribilmente punito. Quando si parla del mito legato al titolo del film, stiamo affrontando il rapporto dell’umanità con gli dei, gli esseri che ci hanno creato, e quello che succede quando li sfidiamo”.
Per Scott – che ha da poco perso il fratello Tony, produttore e anche lui regista, morto suicida – il film è un ritorno al genere di fantascienza, dopo averlo reinventato, mescolandolo con l’horror, proprio con Alien. “L’appassionato riconoscerà dei filamenti del DNA della saga – dice ancora il regista – ma le idee affrontate in questa pellicola sono uniche, approfondite e provocatorie”.
Il franchise di Alien conta in tutto 7 film. Dopo il capostipite, sono arrivati Aliens – Scontro finale di James Cameron, muscolare e adrenalinico, e Alien³ di David Fincher, in cui il leggendario personaggio di Ripley, interpretato da Sigourney Weaver, apparentemente moriva. Salvo poi essere resuscitata nel bizzarro Alien 4 – La clonazione, stranamente affidato a un regista francese con il gusto per il grottesco: Jean-Pierre Jeunet. Esistono poi due capitoli “apocrifi” (senza Weaver) in cui i terribili alieni xenomorfi – nemesi di tutti gli episodi – incrociano le zanne con un altro agguerrito extraterrestre, protagonista del franchise parallelo Predator.
Neanche in Prometheus, che si ambienta molti anni prima dell’originale, compare Ripley. Nel cast ci sono invece Noomi Rapace, Michael Fassbender, Charlize Theron, Idris Elba e Guy Pearce. Ma chi avrà la pazienza di attendere fino all’ultima inquadratura, forse, potrebbe veder comparire qualcuno di molto familiare.
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