Dopo tanti anni, torna in Campidoglio (e non più al Quirinale) la cerimonia di premiazione dei prestigiosi Premi De Sica, i riconoscimenti che l’Accademia del Cinema Italiano, l’Associazione Pangea e l’Associazione Amici di Vittorio De Sica assegnano annualmente ai più rappresentativi volti del cinema italiano sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, con il contributo del MiBACT e di Roma Capitale. Ai premi per il cinema, poi, si aggiungono quelli per altre categorie d’ambito culturale, come la pittura, l’editoria, la musica popolare contemporanea, la scienza, il teatro, la letteratura, la critica drammatica, cinematografica e d’arte, e infine la società.
Nella spaziosa e luminosa esedra di Marco Aurelio ai musei capitolini, il saluto iniziale spetta a uno dei figli del grande attore e regista, Manuel: “Non c’è bisogno che vi informi su mio padre. Forse servirebbe ai giovani che ormai tendono a dimenticare tutto. Io ho lavorato per vent’anni sulla preservazione della sua memoria. Sono d’accordo con il Festival di Cannes per presentare l’anno prossimo una versione restaurata di Umberto D, che nel ’52 non ottenne alcun premio e ho anzi proposto al direttore di riportare ogni anno al festival un film passato ingiustamente inosservato. Per fortuna i talenti ci sono ancora, e in tutte le discipline. Mio padre era un genio del cinema ma le amava tutte, con una particolare predilezione per il teatro”.
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è presente con un messaggio: “L’iniziativa – dice – nata nel ricordo di un amatissimo artista, ha allargato via via il raggio alle diverse espressioni della sensibilità e creatività italiana. Un patrimonio che rappresenta uno straordinario fattore d’attrazione e simpatia in tutto il mondo. Viviamo in tempi difficili e anche il cinema conosce queste difficoltà, tuttavia è molto importante presentarsi con ricchezza di risorse e talenti, in una fusione generazionale che mi ha sempre colpito”. Il Direttore Generale Cinema Nicola Borrelli legge un saluto del Ministro Massimo Bray: “La lunga e consolidata storia dei premi – si dice in nota – istituiti sin dal 1975, mette in risalto ogni anno i migliori esempi che la nostra cultura ha saputo e continua ancor oggi a esprimere. L’arte e la produzione culturale richiedono passione e dedizione e coloro che decidono di intraprendere questo percorso impegnativo sono ben consapevoli delle difficoltà che si incontrano in questo campo. Per tale ragioni trovo ancor più meritori e degno di attenzione il loro impegno”.
L’annuncio dei premi spetta come da tradizione al presidente dell’Associazione culturale Pangea, Gian Luigi Rondi. Si inizia dal cinema, vengono premiati: “Francesco Bruni, validissimo sceneggiatore diventato di recente apprezzato regista, Daniele Ciprì, regista innovativo e multiforme con una splendida carriera anche come direttore della fotografia, Paolo Fresu, musicista che ha scritto per Ermanno Olmi ne I cento chiodi essendosi dedicato, in precedenza e con meritatissimi successi, alla musica jazz, Valeria Golino, attrice dotata di felice talento diventata proprio quest’anno apprezzata regista con stile, impegno e rigore, Francesca Marciano, sceneggiatrice da anni collaboratrice creativa dei nostri registi migliori, da Bertolucci a Salvatores a Verdone, Claudio Santamaria, attore che dal 1997 con saldi mezzi espressivi ha saputo mettere la sua arte a disposizione di autori della tempra di Nanni Moretti, Michele Placido e Pupi Avati, Alessandro Siani, attore notissimo che con il suo film anche da regista, Il principe abustivo, ha avuto un successo straordinario di pubblico e critica, Sara Serraiocco, la rivelazione di quest’anno come attrice al suo esordio con Salvo di Grassadonia e Piazza”.
Per ciò che riguarda le altre arti, per la pittura viene premiato Michelangelo Pistoletto, per l’editoria Renata Colorni, per la musica popolare contemporanea Francesco De Gregori, per la classica Flavio Emilio Scogna, per la letteratura Niccolò Ammaniti, per il teatro Mascia Musy. Masolino D’Amico ottiene il riconoscimento per la critica drammatica, mentre per quella cinematografica e d’arte i premi vanno rispettivamente a Natalia Aspesi e Achille Bonito Oliva. Per la voce contastorie al cuntista Mimmo Cuticchio mentre per le scienze sono premiati l’astrofisico Giovanni Fabrizio Bignami e il neuroscienziato Giacomo Rizzolatti. La voce società vede invece il riconoscimento andare ad Eugenio Scalfari, che chiude anche la cerimonia con un intervento: “Per un privilegio che dipende dall’anagrafe sono tra i pochi qui dentro ad aver conosciuto Vittorio De Sica, quando mio padre dirigeva il Casinò di Sanremo. Sappiamo tutti quanto lui amasse il gioco e quanto questo abbia influito sulla sua vita. Era un giocatore costantemente ‘perdente’, restava spesso senza soldi e il Casinò, con il benestare di mio padre, gli dava il cosiddetto ‘viatico’, ovvero gli pagava il biglietto di ritorno. Divenne amico di mio padre e spesso veniva a pranzo da noi, mi sedusse immediatamente e crescendo non ho mai perso un suo film”.
C’è ancora il tempo di un saluto del sindaco di Roma Ignazio Marino: “Il Campidoglio è un luogo simbolico per la storia e la vita democratica del nostro paese. Il premio De Sica inorgoglisce Roma e l’Italia e si basa su un comune sentire: la necessità di valorizzare i talenti per creare coesione culturale, che è il primo ingrediente per una società sana e vispa. L’estensione del premio dal cinema ad altri ambiti è rappresentativa di come i confini sfumino quando si parla di cultura, tutte le arti convergono nell’arte più grande, che è quella di vivere. Non può esistere vita senza arte, perché l’arte fa bene al singolo, e di singoli si compone la società. E’ sicuramente un momento difficile e di incertezza ma lavoriamo tantissimo alle strategie politiche a favore di arte e cultura, ogni scelta coinvolge tutta la vita culturale e siamo convinti che le manifestazioni che sviluppano la cultura a Roma siano necessarie a far rinascere la comunità, confidando anche nell’ottimo lavoro che svolgono personalità come quelle dei premiati qui oggi”.
A margine, riusciamo a parlare con qualcuno dei presenti e dei premiati, primo fra tutti Christian De Sica, che ricorda simpaticamente il vizio del gioco di suo padre: “Ci voleva tanto bene, ma era più forte di lui. Mi portava al Casinò pure quando avevo la febbre. ‘Tanto – mi diceva – ci sono le sedie, ti puoi stendere. Era contento quando invece di dieci perdeva solo sette. Sono un attore figlio di De Sica, un genio del cinema e tante volte mi domando quante cose avrei potuto chiedergli e purtroppo non ho fatto in tempo. Se lui era De Chirico, io, a confronto, sono il pittore della domenica. Però sono fortunato perché faccio il suo stesso mestiere, il più bello del mondo. E’ stata un’epoca che non tornerà più. L’Italia e Cinecittà. Quanti si ricordano come si chiamano gli studios francesi? Il cinema italiano è famoso in tutto il mondo, altro che pizza e mandolino. La pizza la fanno gli egiziani e il mandolino lo suona solo Apicella. Il mio prossimo spettacolo teatrale si chiamerà proprio ‘Cinecittà’ e debutterà a gennaio: andrò a Padova, Milano, Lugano, Napoli, Avellino e poi a Roma, al Brancaccio, per quattro settimane”.
Claudio Santamaria insiste sul tema leggi e spettacolo: “Basta piangersi addosso, Occorre un rilancio e un sistema organico come quello francese. Abbiamo un grandissimo patrimonio culturale, e un Ministero per i Beni Culturali. Ma manca un Ministero della Cultura, ovvero, un ministero volto alla creazione di cultura e non solo alla conservazione”. Valeria Golino è rivolta agli EFA e al suo prossimo grande impegno con Gabriele Salvatores, mentre Siani chiude con delle battute: “la comicità romana e quella napoletana sono simili, molto di pancia. De Sica era la sintesi ideale tra le due. Peccato che a Roma siano fissati con il chiudere le strade, come del resto a Napoli. Mi immagino i due sindaci a messa. Le strade del signore sono infinite. Diteci quali sono che le chiudiamo!”
La regista riceverà il premio per La Chimera il 13 novembre, con la proiezione del suo nuovo cortometraggio Allégorie citadine e un incontro
La motivazione del riconoscimento: “è un approccio sorprendente, commovente e innovativo al tema molto delicato dell'adozione”
"Costruisce ponti fra culture, generazioni e popoli”, si legge nella motivazione del riconoscimento, che per la prima viene attribuito a un regista che “si muove tra il più sofisticato cinema d'autore e l'attenzione per il pubblico”
La premiazione si terrà il 3 dicembre presso la sala Lo Schermo Bianco di Bergamo. La giuria include figure di spicco come la produttrice Elisabetta Olmi e il critico cinematografico Massimo Lastrucci