Porco Rosso in anteprima a Roma: e Lucky Red ci mette la faccia


“Meglio maiale che fascista”. E’ ciò che afferma Marco Pagot, asso dell’aviazione militare italiana che, coinvolto in un misterioso incidente durante la prima guerra mondiale, si è ritrovato magicamente mutato in un suino antropomorfo.
Restare liberi, non aderire mai ad alcun regime solo per convenienza, pur rischiando di rimetterci la faccia: è uno dei molti temi di Porco Rosso, film d’animazione del maestro giapponese Hayao Miyazaki, prodotto dal suo pluripremiato Studio Ghibli che, pur essendo quasi interamente ambientato in Italia, viene distribuito nel nostro paese solo oggi, a quasi vent’anni dalla sua realizzazione.
Il film è infatti del 1992, ma fino a oggi gli appassionati italiani hanno potuto vederlo solo in versione sottotitolata ricorrendo a dvd d’importazione, o a mezzi meno leciti ma, data la rarità e il valore della pellicola, eccezionalmente comprensibili.

Oggi la proiezione in anteprima del film, che sarà poi distribuito da Lucky Red a partire dal 12 novembre, con un doppiaggio e un adattamento dialoghi di gran livello, rappresenta una delle punte di diamante della retrospettiva organizzata dalla sezione “Occhio sul mondo – Focus” del Festival Internazionale del film di Roma, dedicata appunto allo Studio Ghibli. Ma non l’unica: sarà infatti possibile rivedere sullo schermo alcuni tra i film più celebri della storia dello Studio, da Nausicaa nella valle del vento a La città incantata, e scoprire inoltre titoli ancora inediti in Italia, tra cui Pom Poko di Takahata (1994), che uscirà in home video, sempre con Lucky Red, a gennaio 2011.

Da non perdere l’anteprima di The Borrower Arrietty, il nuovo film dello Studio, firmato da Hiromasa Yonebayashi, già tra gli animatori di Ponyo sulla scogliera, e The Story of Yanagawa, il documentario di Isao Takahata sulla “Venezia d’Oriente”, che affronta uno degli argomenti chiave dell’universo Ghibli, il rapporto tra l’uomo e la natura.

Porco Rosso, pensato inizialmente come un corto e poi ‘cresciuto’ fino a diventare uno dei capolavori universalmente riconosciuti dello Studio, è un titolo assolutamente rappresentativo della sua produzione raffinata e ricca di espedienti narrativi originali. Abbandonato l’esercito e la vita mondana – compreso l’amore per Gina, la bella cantante di un night club allestito su un’isoletta dell’Adriatico e frequentato da contrabbandieri – Pagot si ritira sulla costa dalmata, guadagnandosi da vivere con le taglie poste sui pirati dell’aria che combatte con il suo monoplano dipinto di rosso vermiglio (da cui il suo soprannome). Il film segue le sue avventure tra l’Istria e Milano, in un’Italia non troppo immaginaria mostrata attraverso vedute aeree spettacolari e scenografie di grande realismo (l’animazione, naturalmente, è in tradizionale godibilissimo 2D). Porco Rosso dovrà affrontare il conflitto con il pilota americano Donald Curtis, con i pirati e con il fascismo, trovando l’amicizia di una giovanissima meccanica e forse, alla fine, anche sé stesso.

Nella sua bizzarria tematica e nell’anomalia dell’ambientazione che ne costituisce il principale elemento di fascino, la pellicola è estremamente fedele ai temi cari a Miyazaki, da quello della maledizione (già affrontato ne La città incantata e ne La principessa Mononoke), a quello del volo, passando per la presenza di un giovane personaggio femminile – in questo caso Fio Piccolo, promettente pilota e costruttrice di aerei – e la rinuncia a una distinzione netta tra buoni e cattivi.

Molte le curiosità e le citazioni disseminate tra le scene. A partire dal nome del protagonista, Marco Pagot, che è un omaggio ai fratelli Nino e Toni Pagot, i creatori del personaggio di Calimero, che con Miyazaki hanno lavorato alla creazione della serie di animazione Il fiuto di Sherlock Holmes.
Uno dei personaggi della storia, poi, è un aviatore ex commilitone di Porco Rosso di nome Ferrarin. Un aviatore di nome Arturo Ferrarin è realmente esistito e nel 1920 ha coperto per la prima volta il percorso aereo Roma-Tokyo.
Benché l’iconografia del film lo identifichi come SIAI S.21 , l’idrovolante pilotato da Porco è un modello di fantasia, seppure ispirato a macchine realmente esistite.
Nel film, quando i personaggi aprono un giornale, i titoli sono, giustamente, in italiano. Ma un italiano molto “libero”, che regala chicche come “Porco Rosso: vivo a morto?”.
Lo studio Ghibli si autocita poi in un paio di scene: su un cartello dove c’è scritto “pensione Ghibili” e sulla testata di un motore.

Questa seconda strizzata d’occhio è particolarmente pertinente: lo Studio deve infatti il suo nome al Caproni Ca.309 Ghibli, aereo italiano usato durante la seconda guerra mondiale per le ricognizioni sopra il Sahara, che a sua volta aveva tratto il nome dal Ghibli, vento caldo tipico di questo deserto. La scelta di questo nome fu fatta da Miyazaki in persona, appassionato di aviazione, per significare l’entusiasmo e la determinazione nel creare qualcosa di nuovo e sensazionale nel mondo dell’animazione giapponese. Anche se lo studio prese spunto da una parola italiana, la pronuncia ufficiale adottata da esso è «Gibli» con la g dolce.

Fondato nel 1985 da Miyazaki e dal suo collega e maestro Isao Takashata, lo Studio trova però le sue radici due anni prima, nell’83, anno in cui iniziò la lavorazione di Nausicaä della valle del vento (1984), tratto da un celebre manga della Tokuma Shoten, compagnia da cui nacque lo studio stesso, che oggi conta circa 150 dipendenti. Dal 2008, con Ponyo sulla scogliera, lo Studio Ghibli diviene l’unico studio d’animazione giapponese ad usare tecniche di disegno tradizionali per i suoi film, ponendosi di fatto contro l’abuso della computer graphic.

autore
30 Ottobre 2010

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