L’idea – e anche la competenza musicale – gliela riconoscono tutti, ma lui all’anteprima è assente (giustificato, dicono): Gennaro Nunziante, regista di Come può uno scoglio, secondo film per la coppia comica Pio e Amedeo.
Lo conferma subito D’Antini (questo il cognome di Pio, che nel film mantiene la sua identità reale, come d’altronde il compagno di scena: Amedeo Grieco): “Il film è nato da un’idea di Gennaro, in cui io sono un uomo abituato a camminare sul velluto finché incontro lui – Amedeo – uomo di scoglio (e non “di sabbia”), che mi risolve la vita. Nunziante ci ha un po’ estremizzati, mantenendo il filone della Commedia perché il film parlasse a tutta la famiglia”.
Lo scoglio, la sabbia, sono elementi agli antipodi ma in fondo parte di una stessa “famiglia”, come forse, ma chissà – è cosa tutta fa scoprire – potrebbero essere Pio e Amedeo nella storia sul grande schermo. Il primo è figlio di Salvatore, imprenditore pugliese che nel Nord Est ha fatto fortuna: la tristezza incombe dapprima, l’uomo è appena venuto a mancare, lasciando al figlio, avvocato, un’eredità floridissima, già appieno goduta con la famigliola, lì nel castello in cui Pio vive con la moglie, di alto lignaggio, Borromea Pasin (Francesca Valtorta), e i suoi due bambini, Ginevra e Manfredi, all’ombra di una coppia di suoceri radical chic, di cui il padre è punta di diamante nel mondo della produzione vinicola.
Come una cafonissima musica a tutto volume in un cimitero, anzi, esattamente con una cafonissima musica a tutto volume in un cimitero irrompe nella loro borghesissima esistenza Amedeo, colorito galeotto raccomandato dal parroco locale per un reinserimento nel tessuto sociale: con il suo sgargiante abbigliamento e la finezza di un elefante in una cristalleria Amedeo comincia a fare l’autista e il factotum dell’avvocato Pio D’Antini, candidato sindaco.
Questa la premessa che porta dentro alla vicenda, in cui si susseguono momenti di vita dei due, che naturalmente sono il perno della storia, soprattutto per l’opposizione dei poli che rappresentano e che qui viene costantemente messa a contatto, come confronto, come terreno di commedia, come campo umano con il gioco delle due psicologie, al fine d’intessere l’evolvere della trama.
Per Amedeo, questo film rappresenta “un percorso ben preciso di noi due nel cinema: stiamo più addosso alla storia e qui – rispetto a Belli Ciao, loro primo film, nrd – c’è un po’ più di scorrettezza, più in linea con… la nostra linea editoriale”. Questione che, in particolare sul politicamente scorretto, gli fa aggiungere: “noi ci prendiamo la responsabilità anche di eventuali polemiche. È un periodo difficile per la comicità ma crediamo che la gente vera, non quella dei social, voglia ridere di pancia e noi cerchiamo di tradurre quello di cui la gente vuol ridere”.
Pio conferma che loro non si censurino e che “in comicità non c’è un confine. Ci hanno sempre lasciato la libertà di esprimerci. Ogni tanto però mi censuro, sì: con mia moglie!”, ironizza. Grieco, sul tema, è certo che a loro, di autocensurarsi, non accada “mai. È facile rischiare di urtare chiunque oggigiorno ma la comicità dovrebbe essere franca, perché la comicità dovrebbe essere il terreno dove tutto si può dire e si può fare”.
Ma perché andare al cinema – dal 28 dicembre – a guardare questa commedia? Per Pio è: “un film sincero. È tutto dichiarato e onesto, un principio fondamentale in questa epoca”; mentre per Amedeo: “noi facciamo un mestiere facile facile, in fondo, e ci lusinga tutta l’attenzione che riceviamo: uno che va a vedere una commedia leggera ha necessità e voglia di staccare un po’ dalle cose della vita, offrire questo è il nostro effimero compito”.
Questione, quella della commedia in sala, che chiama in causa un tema ampio, quello di questo genere al cinema nel periodo di Natale, connesso al pubblico che sembra non essere più così ammaliato dall’idea di uscire per un intrattenimento tale su grande schermo. Amedeo riflette che “è cambiato un po’, forse, il fatto che la Commedia sia su piattaforma dopo pochi mesi, cosa che non incentiva la gente a scendere di casa”. Mentre, secondo, Massimiliano Orfei – AD Vision Distribution: “la Commedia è l’architrave dell’offerta cinematografica ed è anche il prodotto che negli ultimi anni ha sofferto di più. A Natale, quest’anno ci sono 4 commedie – quelle di Ficarra e Picone, Alessandro Siani, Fabio De Luigi e appunto questa – diversificate, per cui il prodotto credo ci sia. In generale, è vero che c’è una trasformazione in corso del consumo del pubblico: c’è stata un’inflazione di offerta su piattaforma che gioca un suo peso”. Orfei ricorda che con Belli Ciao “uscivamo nel momento più drammatico della crisi (connessa alla pandemica, ndr), ciò nonostante ottenendo un risultato straordinario: forse il primo segno di una speranza di risalita. In questo momento l’obiettivo è andarsi a prendere quello che loro si meritano; la Commedia deve tornare a prendersi il suo posto”.
Per Lorenzo Mieli – AD Freemantle Italia, Come uno scoglio è “un’evoluzione di Belli Ciao: un film per tutti ma più nella direzione della loro comicità”.
Come uno scoglio è un film che non porta con sé una scrittura comica che rapisca né faccia ridere d’istinto, orfana di battute folgoranti – soprattutto se si pensa alla stagione corrente, dell’anniversario dei 40 anni di Vacanze di Natale, apripista dei “film di Natale”, che ha scolpito raffiche di memorabili battute nelle menti del pubblico e della Storia del Cinema italiano e della Commedia – però certamente ha una sua ricercatezza nella scelta musicale, sin dal titolo. Come spiega Pio, infatti: “il film è pieno di musica. Il film è un’iperbole dei nostri personaggi: tanto che ‘come può uno scoglio arginare un uomo di sabbia?’. Certo, il titolo è un omaggio a Battisti, di cui però nel film non c’è il brano”; ma tante sono le citazioni sonore e estetiche verso il rock ed “è una questione di rispetto verso il pubblico, per cui abbiamo voluto aprire, ma tutto questo è grazie a Nunziante”, continua D’Antini che fa notare come “c’è anche una chicca, quando viene citata la marca di un orologio da polso, che non è esistente come viene nominata, perché quello detto è il nome di un cantante”.
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