Pietro Marcello: “Martin Eden, stritolato dall’industria culturale”

Pietro Marcello arriva in concorso a Venezia 76 con la sua prima opera di fiction, Martin Eden, un film ricco di spunti politici ispirato al celebre romanzo di Jack London


VENEZIA – Senza rinnegare il suo stile. Anzi, mettendo al servizio di una narrazione poetica e onirica il linguaggio del documentario e con un uso raffinato di materiali d’archivio (e anche di frammenti del suo stesso cinema) in un montaggio esemplare di Aline Hervé e Fabrizio Federico. Coltivando l’aspirazione all’atemporalità della filosofia. Pietro Marcello arriva in concorso a Venezia 76 con Martin Eden, un film denso e stratificato – ricco di spunti anche politici – (auto)biografia della costruzione e decostruzione di un artista e letterato “di massa”, che viene dal popolo, aspira a diventare borghese, bordeggia e rinnega il socialismo, finisce demolito dal suo stesso progetto. Ispirato al celebre romanzo di Jack London (1908), che il regista lesse vent’anni fa su suggerimento dello sceneggiatore Maurizio Braucci, il testo viene trasferito dall’America degli albori del secolo scorso alla Napoli pre-bellica, una Napoli plebea e disperata, dove la povertà è endemica, “ma anche l’accoglienza e la tolleranza”. La povertà e l’ignoranza del contesto di partenza non impediranno all’autodidatta Martin, avventuriero e marinaio, lavoratore di un altoforno sfruttato come uno schiavo, di costruirsi una cultura letteraria e filosofica grazie ai libri pescati dai robivecchi, come pure una polverosa macchina da scrivere tra incontri salvifici e dannazioni. Herbert Spencer e Baudelaire, diventano i suoi numi tutelari per amore di Elena, bella figlia di borghesi che ha incontrato per aver salvato il fratello in una rissa: lei è appassionata di poesia e pronta ad innamorarsi di lui ma non disinteressata al punto da sposarlo.

“Ispirandoci liberamente al romanzo di London – spiega Marcello, autore di Bella e perduta e La bocca del lupo – abbiamo letto Martin Eden come un affresco capace di anticipare le perversioni e i tormenti del Novecento e i suoi temi cruciali: il rapporto tra individuo e società, il ruolo della cultura di massa, la lotta di classe. Nel film la parabola dell’eroe negativo creato da London si apre con un filmato di repertorio dell’anarchico Errico Malatesta per poi trovare simmetrie nelle vite e nelle opere di alcuni scrittori dannati del XX secolo, da Majakovskij a Stig Dagerman a Nora May French”.

E riflette sull’evoluzione del suo cinema. “Mi piacerebbe continuare a fare piccoli documentari. Qui ho provato a fare finzione attingendo a tutte le fonti, ma cercando di conservare l’imprevedibilità che mi è cara. Amo lavorare con gli archivi e devo ringraziare Alessia Petitto per i materiali straordinari che ha trovato. Il montaggio per me è il momento più adrenalinico, il repertorio è stato il contrappunto per raccontare la grande Storia”. E prosegue: “Nel documentario non c’è sceneggiatura, qui invece siamo partiti da 300 cartelle poi via via ridotte. Abbiamo cambiato ambienti e dialoghi”. 

Uno dei temi è il rapporto tra l’artista e l’industria culturale. “Martin – prosegue Pietro Marcello – sarà vittima del successo, nel momento in cui comincia a pubblicare, il suo veliero affonda. Questa è la storia di Jack London come di Michael Jackson o di Fassbinder. Degli artisti che perdono il rapporto con la vita quotidiana. Il tradimento della classe di appartenenza lo rende vittima di quel sistema”. E Braucci: “Nel Novecento si è pensato alla società ma non a come aiutare le persone a vivere meglio le loro vite, ci sono rischi insiti nell’individualismo che porta al liberismo sfrenato, come nel socialismo sfociato nello stalinismo”.

Protagonista carismatico è Luca Marinelli (Lo chiamavano Jeeg Robot, Non essere cattivo, Una questione privata), che rivela: “Dopo aver visto Bella e perduta pregavo di essere chiamato da Pietro, per me il filo rosso che lega i miei film è l’essere sconvolto dalle emozioni, qui abbiamo provato a lungo per arrivare a un personaggio che si arrampica su una montagna per poi arrivare in cima e restare tragicamente deluso”. E in scena il giovane attore, tra i più richiesti della sua generazione, ritrova il maestro Carlo Cecchi, nel ruolo del mentore di Martin Eden, lo scrittore nichilista Russ Brissenden. “Il mio archetipo – rivela Cecchi – come attore di teatro è stato Amleto, Qui l’ho incontrato come in tutti i film più interessanti che ho fatto: Morte di un matematico napoletano di Martone, Miele di Valeria Golino e questo. Sono un intellettuale stravagante, anarchico ma non fino in fondo, attraversato da una negatività suicida. Insomma, a quanto pare, sono specializzato in drogati e ubriachi che alla fine si tolgono la vita”. E Marinelli aggiunge divertito: “Il mio archetipo, invece, è Indiana Jones”. 

Tocca invece a Maurizio Braucci suggerire una lettura attuale del testo: “Oggi i ricchi combattono i poveri, ma non viceversa, la lotta di classe è diventata unilaterale. Respingiamo i migranti che neppure si difendono. I poveri sono innamorati dello stile di vita dei ricchi”. Per Pietro Marcello: “In una società improntata all’edonismo e al narcisismo, il nostro obiettivo era essere diversi”. Mentre sulla sfida di trasporre un romanzo di mare, in un paese privo di questa tradizione, lo sceneggiatore chiosa: “Da noi, non so perché, non una tradizione paragonabile a quella anglosassone, da Melville a Conrad”.

Martin Eden, prodotto da Avventurosa con IBC Movie e Rai Cinema (in coproduzione con i francesi di Shellac Sud e Match Factory) sarà in sala il 4 settembre con 01 Distribution. Nel cast anche Jessica Cressy, Marco Leonardi, Maurizio Donadoni, Chiara Francini. 

02 Settembre 2019

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