COSENZA – Le parole di “Onda calabra”, la canzone di Qualunquemente, le ha scritte in 20 minuti in treno perchè bisognava mandarle subito via cellulare. Ma è anche l’uomo dietro alle battute del Mago Forrest, Ale e Franz, la Gialappa’s Band e ovviamente di Antonio Albanese e dei suoi personaggi, anche del Cetto La Qualunque che al botteghino ha fatto 17 milioni di euro. Un film che Piero Guerrera, sceneggiatore e autore televisivo, ha inventato in un paio di mesi liberi. Un autore instancabile che la Primavera del cinema italiano ha chiamato a parlare di Cetto e la sua nascita. Davanti ai cosentini, Guerrera che è un conterraneo perché nato a Palmi, ha svelato i retroscena del suo lavoro con Antonio Albanese.
In che modo è ancora possibile fare satira in Italia?
E’ un lavoro che è diventato dannatamente serio perché la comicità è uno dei pochissimi spazi rimasti per raccontare come vanno realmente le cose senza demagogia e mistificazioni. Cetto rappresenta un po’ lo scheletro nell’armadio di noi italiani: è un delinquente, un maschilista orrendo, un cafone nei modi e nell’aspetto che prova a darsi un tono usando avverbi a casaccio. Una cosa questa degli avverbi molto divertente che ho rubato ad un mio vecchio zio.
Nel film ci sono diverse scene in cui si racconta del rapporto tra sesso e politica, argomento scottante e molto attuale. Diciamo che l’ufficio stampa del premier ha lavorato molto per noi (scherza). La verità è che il progetto è stato scritto nel 2008 e il caso Berlusconi-Minetti-Ruby è del 2010, quindi si può dire che ci hanno bruciato l’argomento. Il film ha finito per essere drammatico per certi aspetti perché suo malgrado riportava la cronaca. A guardarlo bene ha un che di documentaristico sul tema donne e uomini di potere.
Non tutti i calabresi hanno apprezzato “Qualunquemente”. Secondo lei come mai?
Io e Antonio, che come me è un altro meridionale trapiantato, pensiamo al film come ad un atto d’amore nei confronti di questa terra. Non ci piacciono quelli che parlano tutto il tempo del sole e del mare, se uno vuole bene ad un posto deve raccontare tutto, anche perché crediamo sia più utile evidenziare quello che non funziona. Che i tramonti qui siano belli lo sa il mondo, che senso ha ridirlo?
Però avete avuto delle critiche per questa vostra visione dell’italiano medio.
In questo Paese c’è una mancanza tale di bellezza che mi turba. Ci si dovrebbe indignare e invece c’è un’assuefazione totale. Noi cerchiamo di far riflettere tutti, calabresi e non, su questo, ma se qualcuno ci vede solo la voglia di ridicolizzare fraintende il nostro intento. Nel mio quartiere di Palmi, Archi, sembra di stare a Beirut dopo i bombardamenti. Lì continuano a viverci i miei parenti, le persone a cui voglio più bene al mondo e ogni volta che ci torno non posso far a meno di arrabbiarmi. Vorremmo che tutto questo cambiasse. E Cetto forse può spronare un po’ di più.
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