Mentre in Iraq infuria la guerra il cinema italiano sforna il suo primo film embedded. E’ Radio West opera prima di Alessandro Valori prodotto e interpretato da Pier Giorgio Bellocchio.
Complice del progetto, storia di 3 soldati italiani in missione di peace keeping in Kosovo, lo Stato Maggiore che ha dato l’ok alla sceneggiatura e fornito consulenza, mezzi e location. Il maggiore Mario Masdea, entusiasta dell’operazione, spiega: il film racconta il soldato italiano”. Girato in digitale con i finanziamenti dell’art. 8, il film uscirà il 30 aprile distribuito da 01.
E’ d’accordo con la definizione di troupe embedded?
Non so se sia esatta ma è certo che abbiamo sempre lavorato in sinergia con lo Stato Maggiore. All’inizio del 2000 abbiamo sottoposto il progetto alle forze armate e da lì si è sviluppata una relazione molto stretta che si riflette anche sul piano narrativo. Prima di scrivere la sceneggiatura Alessandro e io siamo stati in Kosovo per un sopralluogo di 10 giorni. Ci hanno dato la massima libertà e non abbiamo mai avuto la sensazione che tentassero di nasconderci qualcosa. Ci hanno forzati a partecipare a tutte le loro attività: dal viaggio in C130 da Pisa al Kosovo alla protezione di un’enclave, dal volo notturno in elicottero alle operazioni per far brillare l’esplosivo. Quei 10 giorni, ricchi di emozioni fortissime, sono serviti a capire che cosa provano i soldati.
In passato lei si è definito produttore morale” di Radio West”. Che cosa ha trovato di così coinvolgente nel progetto?
La forza del film sta nell’obiettività e la ricchezza di eventi con cui racconta i militari italiani. A parte El Alamein non ricordo altri film italiani di questo tipo. Abbiamo raccontato un’esperienza universale che appartiene a tutti i soldati. In particolare, a quelli che insieme agli italiani formano la Brigata Latina in Kosovo. Il loro modo di affrontare il peace keeping è diverso dalle forze armate anglosassoni.
Hai mai pensato di dirigere il film?
No. Ho contribuito al soggetto, curato la produzione e coperto un ruolo da protagonista. Mio padre Marco ha rivisto la sceneggiatura. Non ho intenzione di fare il regista perché ho una concezione molto particolare del mestiere. Regista è qualcuno che ha una profonda esigenza di raccontare una storia. Spesso in Italia chi dirige i film ha una gran voglia di andare sotto i riflettori ma non ha una storia forte. Certo, ci sono anche piccoli film di esordienti come Il dono che hanno dentro una tale verità e forza emozionale da superare i limiti di regia. Io non questo fuoco dentro. Poi fin da 13 anni ho scelto di non percorrere la strada di mio padre fino a quando non mi fossi sentito abbastanza forte. Ancora non lo sono.
Nel cast ci sono anche militari?
Si. Tra i protagonisti c’è Massimo Bosi alpino e paracadutista, che interpreta il ruolo del soldato Petroni. La commistione tra militari e attori è stata necessaria per raggiungere un effetto realistico.
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