Piccola troupe, grande Gérard


FIRENZE  –  Al festival France Odeon, kermesse di cinema d’oltralpe di cui CinecittàNews è Internet Media Partner, arriva Mammuth, film “on the road” di Benoît Delépine e Gustave Kervern interpretato da Gérard Depardieu, Isabelle Adjani e dall’attivissima Yolande Moreau. Incassata la delusione di Berlino, dove non ha ricevuto alcun premio, la pellicola ha già conquistato la Francia con oltre 900mila ingressi e ora si appresta a sbarcare in Italia, distribuito da Fandango a partire dal 29 ottobre.

“E’ la riprova del fatto che i tedeschi non hanno gusto – scherza l’ironico regista Kervern, a Firenze per presentare il film – ma in realtà siamo grati alla Germania, perché è stato proprio un collezionista tedesco a prestarci le due moto Mammuth che ci sono servite per il film. Sono rarissime. Una glie l’abbiamo sfasciata al secondo giorno di riprese. Poi l’abbiamo aggiustata alla bene e meglio e glie l’abbiamo restituita. Per ora non abbiamo ricevuto lamentele”.

Nella pellicola, Depardieu è un macellaio in procinto di andare in pensione, che a sessant’anni, per evitare di farsi prendere dalla malinconia, inforca la sua vecchia moto, un modello “Mammuth” di stazza analoga alla sua, e si lancia alla caccia dei suoi ex datori di lavoro, per convincerli a versare i contributi che non gli hanno mai pagato. E ritrova luoghi e persone di una vita che è passata quasi senza che lui se ne sia accorto.

Depardieu ha recitato senza compenso: “Ancora oggi sinceramente non riesco a capire perché abbia accettato – ammette il regista – Non lo conoscevamo e lui non conosceva noi. Ma abbiamo sempre pensato a lui per la parte, infatti quando lo abbiamo incontrato per la prima volta non avevamo scritto niente. Ok – scherza – questo è anche perché siamo pigri. La prima volta lo abbiamo incontrato nel suo ristorante. Gli abbiamo spiegato l’idea, gli è piaciuta. Ha detto: ”scrivetelo e tornate”. Lo abbiamo fatto molto velocemente, in circa tre mesi, dividendoci le parti di sceneggiatura per fare presto. Miracolosamente, le abbiamo messe insieme e funzionava. La seconda volta che lo abbiamo incontrato, ancora al ristorante, abbiamo fatto prima una bella degustazione di vini, di cui Gérard è appassionato dato che possiede anche delle vigne. C’era un tizio ungherese che ci ha portato sei bottiglie e le ha messe in fila, e Depardieu si divertiva a mescolarli per creare il proprio vino personale. E tutti giù ad assaggiare. Solo che lui sputava, noi no. Alla fine eravamo ubriachi persi, con Gérard che chiamava gli operai che lavoravano in strada per farglielo assaggiare. Quando eravamo tutti un po’ su di giri, Depardieu ha detto: “Ok, a questo punto posso dire che la sceneggiatura mi piace”, e se n’è andato. La terza volta ci siamo recati al suo appartamento. Non ci crederete, ma l’attore più importante di Francia vive in un monolocale di 10 metri quadri. Ok, si sta facendo costruire un enorme palazzo lì a fianco, ma sta di fatto che sono sei anni che vive là e ci tiene dei quadri preziosissimi. Abbiamo resistito alla voglia di fregargliene uno per finanziare il film, tanto lui si è presentato già brillo e non si sarebbe accorto di nulla! Ma poi, sul set, ci ha sorpresi. Non ha toccato un goccio d’alcool e ha fatto un sacco di cose che il suo medico gli avrebbe proibito: la moto, i bagni freddi. Per noi la sua presenza è stata un dono dal cielo. Ha anche apportato modifiche alla sceneggiatura, ispirandosi a suo padre, che era un comunista analfabeta ma contro la violenza. Credo che abbia apprezzato di tornare a lavorare con una piccola troupe. Noi siamo una squadra, e i nostri pranzi sul set durano ore. Le grandi star, come lui, o Isabelle Adjani, vivono un po’ fuori dal mondo reale. Esperienze come questa permettono loro di ritrovarlo. Ora non fa che chiamarci per sapere quando giriamo insieme il prossimo. Noi lo trattavamo alla stregua degli altri attori”.

Tra i quali ci sono moltissimi non professionisti e perfino una ragazza, Miss Ming, con “un lieve ritardo mentale – come racconta lo stesso Kervern – che però le dona una grande vena artistica. L’abbiamo conosciuta mentre declamava poesie sulla spiaggia. E poi fa film d’animazione. Una volta ha spaventato perfino Depardieu, che cercava di catturare mosche. Lei gli ha piantato un coltello sul tavolo, vicino alle dita, urlando: “Non fare del male agli animali!”.

Il film, girato in quattro settimane, lascia trasparire un modo molto artigianale di fare cinema e ha tra i suoi punti di forza, oltre ai temi sociali dei quali da sempre la coppia di registi s’interessa, uno stile visivo particolare e un umorismo decisamente “cattivo”, quasi “toscano”, come sottolinea il direttore artistico di France Odeon Francesco Ranieri Martinotti.
“In effetti amiamo il cinema italiano – conferma il regista – soprattutto quello che tratta temi sociali, come quello di Scola. A noi piace l’umorismo anche visuale, che non necessariamente si basa sui dialoghi. Non apparteniamo alla famiglia classica del cinema francese, dove si tende a parlare troppo. Vogliamo fare un cinema quasi muto, con molti piani fissi. Anche lo stile visivo fa parte di questa ricerca. Abbiamo girato i primi film in bianco e nero e, fosse per noi, li avremmo fatti tutti così. Ma bisogna pur cambiare e quindi abbiamo cercato qualcosa che desse lo stesso effetto del bianco e nero, ma a colori. Lo abbiamo trovato nel Super 8 e nel Super 16, che per la prima volta vengono usati per un intero lungometraggio e danno, con la loro grana, un effetto molto anni ’70. Non usiamo effetti speciali, solo “effetti normali”. La poesia deve scaturire dall’immaginazione. Del resto, perché non sperimentare? Ogni film è un rischio e per noi potrebbe essere l’ultimo. Ma siamo due registi timidi, non c’interessa diventare famosi o fare carriera”.

E per il futuro? “Quel che è certo – risponde Kervern – è che non cambieremo mai la nostra ‘squadra di merda’. Scherzi a parte, siamo una troupe piccola, di 15 persone, ma molto affiatata. E poi questi ragazzi, bravissimi, hanno lavorato gratis per i primi film. Richiameremo sempre loro, per una questione di rispetto”.
Un’idea, per il futuro prossimo, la propone Martinotti, invitando Kervern alla prossima edizione di France Odeon per una retrospettiva. “M’impegno a farlo”, ringrazia il regista, senza nascondere un compiaciuto sorriso.

autore
22 Ottobre 2010

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