Piano Piano: un mondo perduto nella Napoli degli anni ’80

Selezionato in Piazza Grande a Locarno il film di Nicola Prosatore che ha per protagoniste Dominique Donnarumma e Antonia Truppo


L’idea che ha guidato Nicola Prosatore (sceneggiatore e regista) e Antonia Truppo (soggettista e attrice: ma i due sono una coppia anche nella vita) è molto semplice. Antonia Truppo ricorda con grande precisione cosa accadeva negli anni Ottanta quando lei viveva in un casale alla periferia di Napoli che avrebbe dovuto essere distrutto per fare spazio a una strada di grande comunicazione. E anche Prosatore ha un ricordo importante, lo scudetto del Napoli guidato dal più grande di tutti, Diego Armando Maradona.

“La storia è nata così, parecchi anni fa. L’abbiamo lasciata crescere, come se dovesse sedimentare, e poi ci siamo tuffati in questa avventura che ci è servita molto anche sul piano personale”, afferma Prosatore parlando di Piano Piano, pellicola selezionata dal Festival di Locarno per Piazza Grande. Un coming of age nella Napoli che nel 1987 si preparava a diventare campione d’Italia, e che per la protagonista (la bravissima Dominique Donnarumma) coincide con un momento importante per la sua crescita: la ribellione, la scoperta dell’amore, il sogno di scappare lontano ma anche il desiderio di rimanere aggrappati fino all’ultimo a quei muri, quelle case, quei luoghi che hanno segnato l’infanzia e da cui nessuno vorrebbe mai staccarsi, neanche, come in questo caso, quando quei posti sono una manciata di case della periferia, una baracca in cui è nascosto un latitante e tutto intorno sono cortili in cui la gente grida e litiga tutto il giorno e dove non è facile farsi rispettare.

Sì, perché Piano Piano non è la solita storia di emarginazione e di degrado, ma il racconto forse di un mondo perduto per sempre, di una realtà difficile in cui nonostante tutto si riusciva a crescere e trovare dei germogli di felicità. La camorra fa solo da sfondo, la vera protagonista è la piccola Anna, oppressa da una madre  che vorrebbe solo il meglio per lei (una Antonia Truppo perfettamente calata in un personaggio che esprime dolcezza e durezza allo stesso tempo)  ma che riesce a comunicarglielo solo urlando e sgridandola, ripetendo come un mantra quella frase che tutti almeno una volta nella vita abbiamo sentito dai nostri genitori: “da grande capirai”, una frase capace di scavare distanze siderali.

Ma è proprio in quella lontananza che se si è fortunati si può incontrare se stessi, come capita ad Anna, che in quell’età a cavallo tra l’infanzia e l’adolescenza scopre prima ancora dell’amore, il proprio corpo (in una bellissima e delicata scena di autoerotismo che sembra raccontarci molto anche della donna che Anna diventerà). “In questo film c’è molto di me – spiega Prosatore  –  e anche per questo ho voluto come protagonista una ragazza: avevo bisogno di mettere un filtro, per riflettere ed elaborare nella maniera corretta il contenuto di quel cassetto di ricordi personali che ho dovuto inevitabilmente aprire per raccontare questa storia. Devo dire che Antonia mi ha aiutato tanto, sia nella creazione del suo personaggio, a cui lei ha dato corpo, forma e anima già sulla carta, sia nella costruzione del rapporto tra madre e figlia”.

“Non è stato semplice – sottolinea Truppo – ma proprio per questo è stata un’esperienza molto stimolante che ci ha fatto lavorare in maniera approfondita con tutti gli attori. Ovviamente con Dominique siamo scesi ancora più in profondità, concentrandoci soprattutto sui dialoghi, che sono moltissimi… con lei siamo partiti con le prove a tavolino un mese prima del set e questo ci è servito molto perché siamo arrivate al momento delle riprese che ci capivamo al volo, avendo un bagaglio di conoscenza e confidenza importante; praticamente eravamo  un’unica entità. Sono orgogliosa del percorso che abbiamo fatto insieme anche perché praticamente l’ho scelta io, anche se Nicola è rimasto colpito subito da lei, appena l’ha vista”. “Volevo un volto che non fosse immediatamente collegabile a Napoli, ai quartieri popolari, alla rappresentazione canonica di quei luoghi – afferma Prosatore – e Dominque con i suoi occhioni azzurri, i suoi capelli biondi, la sua figura altera poneva quella distanza che cercavo, perché Napoli fa da sfondo a questa storia ma è anche l’altra protagonista… è un’eco lontana ma che si sente. È questo film per me è stato anche un modo per chiudere qualche conto in sospeso con questa città. Non è un caso che abbia traslocato un’infinità di volte e che nel film il trasloco che Anna deve subire e che la madre desidera moltissimo (anche senza sapere dove andrà) sia il motore e il fulcro del racconto”. E Napoli nel suo momento catartico vive ancora nelle scene dello scudetto, dove ogni storia trova la sua soluzione (come nelle fiabe) e dove tutti sono salvi, almeno per un giorno “anche quegli ultimi – sottolinea Truppo –  per cui Maradona ha rappresentato una sorta di riscatto sociale e che scendevano in piazza a festeggiare più incazzati che felici”.

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