Peter Ustinov: “Se Botticelli fosse vivo oggi lavorerebbe per Vogue”

Il 1° marzo 1445 nasceva a Firenze il talento rinascimentale: cinque film e doc internazionali, tra cui ‘Botticelli e Firenze. La nascita della bellezza’, in cui la cui la voce di Jasmine Trinca 'dipinge' il Rinascimento con raffinatezza e profondità


“Se Botticelli fosse vivo oggi lavorerebbe per Vogue”. Sebbene non si rintraccino memorabili frasi attribuite a Sandro Botticelli, nato Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi all’anagrafe di Firenze, venuto alla luce il 1 marzo 1445 (e scomparso sempre nel capoluogo toscano, il 17 maggio 1510), di lui ha fatto questa considerazione Peter Ustinov, attore e regista britannico, restituendo così in poche ma efficaci parole l’impatto duraturo dell’arte del talento rinascimentale e su come il suo stile sia stato percepito e apprezzato oltre le epoche.

Il cinema ha trattato la figura di Botticelli con una venerazione quasi sacrale, ponendolo a simbolo eterno del Rinascimento e della bellezza: questa celebrazione, pur visivamente affascinante e ricca di spunti storici e artistici, si è però talvolta tradotta in una narrazione idealizzata e più superficiale dell’artista, tendendo a soffermarsi più sull’opera e sul contesto storico-culturale, e schivando i lati più intimi e complessi dell’essere umano. In particolare, Botticelli. Inferno e Botticelli e Firenze. La Nascita della Bellezza restituiscono immagini piene di suggestione, ma il focus è più iconografico che biografico: Botticelli appare come un’ombra dietro i suoi capolavori, senza una vera esplorazione del suo carattere, delle sue motivazioni interiori o dei conflitti; emerge la tendenza a evitare ambiguità o contraddizioni, mentre sussiste una complessa relazione con la politica e la religione della sua epoca, il possibile peso psicologico delle sue opere dantesche, e la trasformazione del suo stile, questioni accennate ma mai affrontate in modo completo. Certe omissioni impoveriscono la narrazione, ma contribuiscono comunque a perpetuare l’immagine di Botticelli come artista etereo, però alcune più marcate sfumature avrebbero potuto renderlo maggiormente accessibile agli occhi del pubblico contemporaneo.

È la voce narrante di Jasmine Trinca, dal tono intenso e vibrante, il fulcro emozionale e intellettuale capace di trasmettere l’essenza di un’epoca e di un genio, riuscendo solo con il timbro peculiare a combinare sobrietà e pathos. BOTTICELLI E FIRENZE. LA NASCITA DELLA BELLEZZA di Marco Pianigiani (2022) ripercorre la vita e le opere di Botticelli nel contesto della Firenze rinascimentale sotto Lorenzo de’ Medici; il docufilm celebra l’eternità estetica creata dall’artista, ma Trinca non si limita a recitare un testo, bensì modula ogni parola con delicatezza quasi pittorica, creando un’atmosfera sospesa tra poesia e riflessione storica. La sua interpretazione rende tangibile l’ambivalenza di Botticelli: da un lato il creatore di bellezza idealizzata, dall’altro l’uomo immerso nelle turbolenze politiche e culturali della Firenze medicea. La voce dell’attrice sa essere sognante e meditativa, e acquista toni più cupi e profondi nei momenti in cui il racconto si addentra nelle tensioni interiori dell’artista e interne della sua epoca. Trinca restituisce un ammirevole controllo tecnico: la pulizia della dizione e una sensibilità interpretativa consentono al pubblico di immergersi completamente nel racconto. Tuttavia, affidare l’intero peso drammaturgico alla voce potrebbe risultare limitante per alcuni spettatori, coloro che fossero alla ricerca di una più consistente presenza scenica. La “messa in scena” di Jasmine Trinca, pur di altissimo valore, rimane confinata nella dimensione evocativa, sacrificando un po’ la possibilità di una rappresentazione incarnata e viscerale di Botticelli e del suo universo. In ogni caso, la voce dell’attrice segna la narrazione come un pennello sapiente, dipinge Botticelli e il Rinascimento con raffinatezza e profondità.

Botticelli, poi, appare anche nella serialità, nella seconda stagione della serie televisiva I MEDICI, co-produzione anglo-italiana ideata da Franz Spotnitz e Nicholas Meyer, trasmessa tra il 2016 e il 2019 su Rai Uno. È Sebastian de Souza a interpretare il ruolo del Maestro, offrendo una rappresentazione affascinante: la serie, ambientata nella Firenze del XV secolo, si concentra sulla vita di Lorenzo de’ Medici e sul fiorente ambiente artistico del tempo. De Souza ritrae Botticelli come un giovane artista talentuoso, profondamente legato alla famiglia medicea e influenzato dalle dinamiche politiche e culturali del momento: la sua interpretazione mette in luce non solo la maestria artistica di Botticelli, ma anche le sue relazioni personali, in particolare quella con Simonetta Vespucci, musa ispiratrice e amore non corrisposto, come si può leggere anche nelle righe prossime, dedicate all’aneddotica botticelliana. La serie offre una prospettiva intima sulla vita di Botticelli, palesando le sfide e le ispirazioni che hanno plasmato il suo percorso artistico e de Souza aggiunge profondità  al personaggio, rendendo omaggio al contributo artistico del pittore e al Rinascimento fiorentino. Sebastian de Souza interpreta Sandro Botticelli come un artista passionale e umano, non tralasciando il suo tormento interiore: la sua è una recitazione vibrante e sensuale, che umanizza il genio pittorico, trasmettendo la tensione tra la ricerca della bellezza ideale e i conflitti derivanti dal desiderio e dalla perdita. Poi, il rapporto con Lorenzo de’ Medici evidenzia la dipendenza dal mecenatismo e, altrettanto, il desiderio di autonomia artistica: De Souza cura gesti e sguardi riflessivi per costruire un Botticelli credibile, bilanciando fragilità e passione, rendendo così accessibile e coinvolgente una delle figure più enigmatiche del Rinascimento.

È un film del 1993, BOTTICELLI, IL SUO TEMPO, I SUOI AMICI ARTISTI di Guido Arata, a esplorare l’esistenza e la produzione artistica di Sandro Botticelli, contestualizzandole nel vivace ambiente culturale della Firenze rinascimentale. Il film beneficia della consulenza di esperti come Achille Bonito Oliva, Andrea Emiliani e Giorgio Mascherpa, che contribuiscono a una narrazione autorevole. Arata sceglie ricostruzioni storiche, analisi critiche e riprese delle opere d’arte, così il film mostra una panoramica dettagliata non solo delle creazioni di Botticelli, ma anche delle interazioni con i suoi contemporanei, evidenziando le influenze reciproche. La regia si distingue per l’attenzione a dettagli storici e per la capacità  di rendere più prossima al pubblico moderno la complessità  del contesto. Non sono presenti attori che interpretino direttamente Botticelli o i suoi contemporanei: la narrazione si affida a voci fuori campo e interviste con esperti; in sintesi, Botticelli, il suo tempo, i suoi amici artisti rappresenta un contributo significativo alla filmografia dedicata al maestro fiorentino, offrendo una prospettiva informata e coinvolgente sulla sua vita e sulle sue tele, pur mantenendo un approccio più analitico che narrativo.

È un’altra co-produzione, questa volta italo-tedesca, BOTTICELLI. INFERNO (2016) diretta da Ralph Loop, a esplorare uno dei lavori più misteriosi di Botticelli, la Mappa dell’Inferno, illustrazione dettagliata dell’Inferno dantesco. Il film analizza le motivazioni dell’artista e rivela il suo lato meno conosciuto: Loop invita a scoprire un Botticelli inedito, lontano dai suoi eterei ritratti femminili, facendo così addentrare nel buio della sua Mappa. Questo documentario si fa notare per la capacità di indagare il lato più oscuro e misterioso dell’artista, intrecciando il genio pittorico con l’immaginario di Alighieri. La narrazione è avvincente e visivamente ipnotica, esplora i dettagli minuziosi della creazione artistica e il loro significato simbolico, seppur, talvolta, il ritmo sia caricato da divagazioni didattiche, che non sempre concorrono a mantenere viva la tensione narrativa. In questo doc, il focus si fissa più sul lavoro enigmatico del Botticelli, offrendo comunque un’immagine più tangibile dell’uomo e del pittore. L’attore che lo interpreta nei brevi inserti, Joe Grossi, restituisce un Botticelli immerso nel tormento creativo, con sguardi che tradiscono un’ossessione per il dettaglio e una sensibilità quasi morbosa. Questi frammenti, sì evocativi, soffrono un po’ di profondità interpretativa: il risultato è efficace per lo scopo del documentario, patendo dell’impatto emotivo che un ruolo più sviluppato avrebbe potuto offrire.

Grit Lederer con BOTTICELLI. LA BELLEZZA ETERNA (2015) sta dietro la macchina da presa di un documentario che – attraverso la figura di Botticelli – evidenzia il suo contributo all’arte rinascimentale e l’influenza duratura delle sue creazioni. Il regista sceglie un taglio classico e il pittore emerge come un simbolo eterno tra bellezza e armonia, ma la narrazione si affida a un’estetica fin troppo tradizionale. Il film però offre una panoramica completa e ben documentata sulla vita dell’artista, puntando sulla celebrazione della sua capacità di sublimare il mondo reale in immagini di pura perfezione. Lederer fa un’introduzione sobria e accademica di Botticelli, che però non accontenta semmai chi desideri una lettura più audace e inedita. Le ricostruzioni visive utilizzano attori che incarnano il pittore e i suoi contemporanei, i ruoli sono puramente accessori, così Botticelli viene ridotto a un’entità quasi inafferrabile, uno strumento per riflettere sull’ideale rinascimentale: su un fronte, questo approccio preserva un’aura di mistero attorno alla figura dell’artista, sull’altro lascia insoddisfatto chi cercasse una connessione più diretta con l’uomo dietro i capolavori.

Il cinema sembra a volte sacrificare l’accuratezza storica in favore di un’estetica patinata, quasi “da museo”: se da un lato questo conferisce ai dipinti un valore visivo altissimo, dall’altro limita il potenziale narrativo, trasformando Botticelli più in un’idea di bellezza che in un individuo vissuto. Il cinema, dunque, ha ancora spazio per innovare su questo soggetto, scavando sotto la superficie perfetta delle sue opere per raccontare l’uomo dietro il talento. Botticelli visse e lavorò in un periodo di straordinaria effervescenza culturale e politica e la sua arte riflette sia il fascino per l’antichità classica che le tensioni religiose del tempo; il pittore è un soggetto affascinante per il racconto audiovisivo perché incarna la complessità del Rinascimento: l’equilibrio tra luce e ombra, bellezza e inquietudine. Il suo legame con i Medici, la crisi spirituale che trasformò la sua arte, e il mistero della sua personalità, offrono spunti per una narrazione che unisce estetica e dramma interiore. La sua biografia permette di esplorare non solo il creatore di magnificenza, ma anche le tensioni tra l’arte e il potere, tra Fede e desiderio, rendendolo un simbolo perenne dell’umanità, in bilico tra ideale e realtà.

Se la figura femminile per Botticelli è stata ricorrente soggetto dei suoi dipinti, da quelli laici a quelli mariani, è proprio il medesimo profilo a restituire di lui l’aneddotica, tra amore passionale ma mortificato e avversione per l’unione matrimoniale: si narra che Botticelli fosse profondamente innamorato della suddetta Simonetta Vespucci, considerata la donna più bella della Firenze del XV secolo. Nonostante fosse sposata e non vi siano prove concrete di una relazione tra i due, si ritiene che lei abbia ispirato diverse opere dell’artista, tra cui la Nascita di Venere. A testimonianza di questo sentimento, il pittore chiese di essere sepolto ai piedi della tomba di Simonetta nella Chiesa di Ognissanti a Firenze, desiderio esaudito. Ma Botticelli questa sua musa l’avrebbe mai spostata? Chissà. Questo è lecito chiederselo perché il racconto storico restituisce un uomo riluttante al matrimonio: secondo quanto riportato, il suo patron Tommaso Soderini, gli suggerì di unirsi in matrimonio, ma l’artista rispose raccontando di aver sognato di essere sposato e di essersi lì svegliato “colpito dal dolore”, tanto da necessitare di camminare per le strade fiorentina per l’intera notte al fine di evitare riprendesse l’attività onirica, più incubo che sogno per lui; il matrimonio, dunque, per Botticelli pare proprio fosse fonte d’angoscia. Questi aneddoti, mai soggetto vivo per il cinema – seppur succulenti e comunque psicologicamente interessanti narrativamente – offrono uno sguardo intimo sulla vita intima dell’essere umano, aggiungendo profondità alla comprensione del suo carattere e delle sue opere.

La mitologia, le natività, la crisi, ecco alcuni dei “periodi” della produzione artistica botticelliana, che complessivamente s’è profusa in oltre un centinaio di opere pittoriche, qui sintetizzate al minimo, per una suggestione essenziale:

Madonna della Loggia (1467-1470 ca.)

Adorazione dei Magi (1475-1476 ca.)

Primavera (1480 ca.)

Pallade e il Centauro (1482 ca.)

Nascita di Venere (1485 ca.)

Annunciazione di Cestello (1489-1490 ca.)

Calunnia di Apelle (1495 ca.)

Natività mistica (1500 ca.)

Questi dipinti, certamente, mostrano l’evoluzione del suo stile, dalla grazia ideale della mitologia classica alla profondità spirituale delle ultime opere, spunti imprescindibili anche per le visioni e le narrazioni cinematografiche.

 

 

 

 

 

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01 Marzo 2025

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