MILANO. Presentate al festival Visioni dal mondo alcune immagini del progetto cinematografico Uno sguardo alla terra del regista Peter Marcias, documentario tuttora in lavorazione che sarà distribuito da Luce Cinecittà.
Punto di partenza il film restaurato L’ultimo pugno di terra di Fiorenzo Serra (1921/2005) sul cambiamento sociale ed economico della Sardegna negli anni ’60. La versione restaurata dalla Società Umanitaria Cineteca Sarda nel 2008 è stata mostrata a diversi registi per arrivare a una riflessione sul loro approccio al documentario. Vincenzo Marra, José Luis Guerín, Claire Simon, Tomer Heymann, Sahraa Karimi, Mehrdad Oskouei, Brillante Ma Mendoza e il cinese Wang Bing, fresco vincitore del Pardo D’Oro a Locarno – ai quali s’aggiungeranno prossimamente Costanza Quatriglio e Sergei Loznitsa – si sono confrontati sul significato di cinema del reale e soprattutto sullo stato di salute della Terra.
“Uno sguardo alla terra non è né un biopic né un testo meramente celebrativo, bensì un complesso work in progress polifonico – spiega Marcias – nel quale la prospettiva di Serra innesca una riflessione filmica ambiziosa, ben più critica e intrigante sulla scrittura dell’intimo e del sociale, sul confine labile tra illusione di neutralità e sguardo soggettivo”.
Il documentario, in fase di ultimazione, è prodotto da Capetown Film in collaborazione con Società Umanitaria Cineteca Sarda (che custodisce il Fondo Fiorenzo Serra ), con il sostegno della Fondazione Sardegna Film Commission-Fondo Filming Cagliari, e Sardegna Solidale, il film sarà pronto a fine 2017.
Il cinema realistico ed etnografico di Serra indaga la cultura, la storia, la vita quotidiana tra pastorizia e agricoltura e la trasformazione delle tradizioni arcaiche della Sardegna sotto l’effetto della modernizzazione.
Nel 1964 realizza L’ultimo pugno di terra come “contributo intellettuale al primo Piano di Rinascita della Sardegna”, scritto in collaborazione con alcuni dei più illustri intellettuali sardi, con la supervisione di Cesare Zavattini, film che poi riadatta e presenta nel 1966 al Festival dei popoli, dove ottiene il premio Agis.
Un’opera dalla vocazione scomoda, che avrà vita difficile per le tematiche e i problemi sociali mostrati, oggetto di polemiche sin dalla sua anteprima da parte dei “committenti” istituzionali. La richiesta di girare questa opera arrivò dall’assessorato alla Programmazione, che “voleva un documentario celebrativo del primo Piano di rinascita – ha raccontato Serra in un’intervista al critico cinematografico Gianni Olla – e quando il film fu presentato in anteprima alla Giunta regionale al cinema il presidente della giunta Efisio mi avvicinò e mi disse: complimenti per la qualità tecnica ed artistica delle riprese, ma sul contenuto dovremo riparlarne. Sembrava molto seccato, non tanto per le immagini, quanto per l’impostazione generale, che era sempre dubbiosa, interrogativa: mostrava il cambiamento, ma senza eccessivi ottimisti, senza panegirici”.
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