PESARO – I migranti bloccati alla Stazione Tiburtina hanno incontrato la solidarietà di molti cittadini, persone comuni e associazioni come gli Amici del Baobab, che portano cibo, vestiti, sapone per lavarsi. Così è accaduto anche ai quindici marocchini della nave Kenza, rimasti per più di un anno fermi nel porto di Cagliari. “Senza l’aiuto di tanta gente e di alcune aziende che hanno donato di tutto, dal cibo al gasolio per il gruppo elettrogeno all’acqua per le docce, non avrebbero potuto resistere”, commenta Peter Marcias. Il 38enne regista di Oristano ha raccontato questa vicenda, di lavoro negato ma anche di sorprendente fratellanza, nel suo nuovo film La nostra quarantena, Evento speciale di chiusura a Pesaro 50+1 (leggi la nostra scheda) e in sala in autunno con Istituto Luce Cinecittà. Nella pellicola, che intreccia documentario e finzione, si agitano molti temi di forte attualità, dalle migrazioni (non solo dall’Africa verso l’Europa, ma anche dall’Italia verso gli altri paesi occidentali per una generazione di giovani che non hanno prospettive future) allo sfruttamento (i marinai marocchini protestavano contro l’armatore che li aveva abbandonati senza stipendio). Nel cast oltre ai maghrebini, che con le loro facce straordinarie danno al film ritmo e forza, Francesca Neri, nel ruolo di una docente universitaria che, dalla sua posizione privilegiata, fatica a capire la contemporaneità, e il giovane Moisé Curia, un brillante studente che da Roma viene mandato a Cagliari per approfondire la protesta della nave Kenza ed entra in crisi profonda. “Mi interrogo sul mio destino, chiedendomi se ha ancora senso studiare”, sintetizza l’attore 24enne, famoso per il personaggio di Ruggiero nella serie tv Braccialetti rossi. Tra i suoi ruoli quello di uno dei novellatori in Maraviglioso Boccaccio dei Taviani, mentre nel film di Vittorio Sindoni Abbraccialo per me, accanto a Stefania Rocca e Vincenzo Amato, sarà un giovane con problemi di disabilità mentale.
Marcias, da cosa è partito per questo progetto di impianto documentaristico?
Ero a Cagliari per girare uno spot e ho letto sui giornali locali di questa vicenda della nave Kenza, subito ho cercato di entrare nel porto, ma era blindato. Allora ho contattato i volontari dell’associazione Stella Maris e in particolare il presidente Piero Pia. Grazie a loro sono riuscito a parlare con i marinai marocchini che dal maggio 2013 erano senza stipendio in attesa che l’armatore si prendesse le proprie responsabilità.
Come ha maturato l’idea di costruire una storia di finzione attorno alle interviste ai marinai?
Inizialmente avevo pensato a un documentario puro e semplice, ma poi mi sono reso conto che si trattava di uno sciopero anomalo, non una protesta drammatica come tante altre che ci sono state in Sardegna, dal Sulcis all’Asinara. A quel punto sono entrato un po’ in crisi, ero confuso e ho scritto, insieme a Gianni Loy una vera e propria sceneggiatura in cui il personaggio dello studente mi rispecchiava ed esprimeva il malessere di tanti giovani italiani.
Nel film dà voce anche ad altri ragazzi incerti sul proprio futuro.
Ne conosco tanti. Insieme a Moisè abbiamo girato tanto materiale che non abbiamo montato nel film, interviste per strada, proprio per meglio conoscere questa realtà. C’è chi vuole fare il musicista, chi il cuoco… Molti vogliono andare all’estero, alcuni si impegnano nel volontariato. E’ la fotografia di un’Italia migliore rispetto a quella che ci arriva dalla tv e che ci rimandano i politici. A costo di essere accusato di buonismo, volevo rappresentarla, sia pure in punta di piedi.
Perché la narrazione si apre con le immagini della visita di Papa Francesco a Cagliari?
Sono le prime immagini che ho girato, mi piaceva il contrasto tra la città in festa e i marinai che guardano dalla nave in quarantena. Del resto il Papa, durante la sua visita, scelse di parlare proprio ai lavoratori disoccupati.
Come è arrivato a Francesca Neri?
Volevo un’attrice molto brava e molto bella, una cinquantenne attraente, che esprimesse il benessere di una generazione arrivata che dispensa consigli. Francesca si è appassionata subito alla vicenda dei marinai. Purtroppo non è qui con noi, è dovuta partire per Trento per stare vicina a sua madre che sta poco bene.
Che percorso avrà La nostra quarantena?
E’ un piccolo film, costato appena 150mila euro, prodotto da Camillo Esposito per la Capetown con Ultima Onda, con la Fondazione Anna Ruggiu, che mi aveva sostenuto anche nel precedente Dimmi che destino avrò, con il patrocinio di Sardegna Solidale e l’apporto fondamentale della Fondazione Sardegna Film Commission, proprio il 19 luglio ci sarà l’anteprima sarda al Festival di Tavolara. Cinecittà Luce lo distribuirà e c’è l’interesse del Marocco e della Francia per la distribuzione. Il Luce si è spesso interessato ai film che parlano di tematiche del lavoro e lo fa con grande passione, sono molto felice di questa scelta.
Cosa ne è stato dei 15 marinai?
Sono tornati a casa, alcuni sono stati pagati, altri no. Molti hanno trovato un nuovo lavoro, uno di loro ha sposato una ragazza di Cagliari. Presto faremo un’anteprima del film in Marocco e così lo potranno vedere.
Moisè curia. Avevo visto dimmi che destino avrò. Mi piace il suo stile tra finzione e documentario.abituato a fare un personaggio, qui si racconta più la realtà.
Un ragazzo che si interroga su cosa è il mondo del lavoro, se ha senso studiare, se potrà proseguire i suoi sogni. È incerto del suo futuro.
Moisè curia. Avevo visto dimmi che destino avrò. Mi piace il suo stile tra finzione e documentario.abituato a fare un personaggio, qui si racconta più la realtà.
Un ragazzo che si interroga su cosa è il mondo del lavoro, se ha senso studiare, se potrà proseguire i suoi sogni. È incerto del suo futuro.
Moisè. Conosciuta a un festival. A 24 anni un mostro del cinema. Abbiamo cambiato dialoghi, era molto disponibile.
Braccialetti terza serie, ruggero. Provaci ancora prof. Vittorio sindoni abbraccialo per me. Io stefania rocca e Vincenzo amato, un ragazzo con problemi di disabilità mentale. Isabella sandri a settembre.
Teatro. Provino per non è mai troppo tardi con campiotti. Biografia di alberto manzi. Ero uno dei ragazzi a cui insegnava a leggere e scrivere. Poi feci il provino per braccialetti. Ciprì la buca, uno dei novellatori nel film dei taviani.
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