“Non sono un cultore di poesie, un’amica mi aveva mandato questo aforisma e ho trovato che funzionava come titolo per il mio film. Suggerisce un’esposizione a una forza primaria e un atteggiamento di abbandono alla vita”. Nessuno mi pettina bene come il vento è infatti l’aforisma di una grande poetessa quale Alda Merini che Peter Del Monte ha ripreso per il suo nuovo lavoro, ambientato in una cittadina di mare dai cieli cupi, che mostra la distanza e l’incomunicabilità di due mondi separati e conflittuali: adolescenti e adulti. Ma uno spiraglio di sole è possibile, basta lasciarsi andare un poco e ricercare una sintonia.
Universi distanti improvvisamente entrano così in contatto. Arianna/Laura Morante, è una scrittrice, che dopo la separazione dal marito, vive isolata e tutta impegnata nel suo lavoro non avendo figli. Il caso vuole che Arianna ospiti per qualche giorno Gea/Andreea Denisa Savin, una ragazzina ombrosa e con rabbia repressa, in cerca di quelle attenzioni e affetto che non riceve dai genitori divisi. E’ lei a stabilire un contatto con Yuri/Jacopo Olmo Antinori (già apprezzato in Io e te di Bertolucci) un taciturno e introverso 16enne, figlio di una donna russa che lavora in un locale notturno. Yuri guida il branco di amici, sbruffoni e un po’ teppistelli, che staziona rumoroso nella piazzetta davanti casa di Arianna, con grande suo fastidio. Per Gea è quell’occasione di libertà che forse desiderava da tempo. Per Arianna invece l’occasione di confrontarsi con le sue paure verso l’ignoto e ciò che non comprende.
“La solitudine e il pregiudizio sono parte comune dei personaggi principali del film, a cominciare dal mio, Arianna, e poi i due ragazzi Gea e Yuri. Del Monte esplora come in fondo la solitudine sia alimentata proprio dal pregiudizio. Sono pianeti a sé fino al momento in cui le loro orbite si intersecano e nessuno è più come era all’inizio della storia”. Laura Morante sintetizza così il senso di Nessuno mi pettina bene come il vento, distribuito da Academy Two il 10 aprile e prodotto da 11marzo Film in collaborazione con Rai Cinema.
Il film nasce da un episodio vissuto dal regista a Santa Marinella dove abita, in particolare da quella “emotività omicida” verso un rumoroso gruppo di ragazzi sotto casa, atteggiamento frenato però dalla figlia 11enne che li osservava affascinata. “Ho cercato di far emergere da una parte la vitalità che possono contenere certi atteggiamenti che non capiamo e ci spaventano, e dall’altra la paura che si nasconde dietro scelte di vita all’apparenza razionali e rigorose”, avverte Del Monte.
Quanto al rapporto tra i due adolescenti, la sintonia sembra nascere da una comune disperazione e pulsione autodistruttiva. “In un primo tempo avevo pensato che entrambi morivano ma Gloria, la sceneggiatrice mi ha subito avvisato: ‘se questo è il finale io esco dal cinema’. Così questa inconsapevole pulsione verso la morte è rimasta sotto traccia e uno spiraglio rimane”.
Il regista ha visto nella Morante l’attrice che avrebbe dato credibilità al personaggio di una donna intellettuale che rinvia sia a un grande bisogno di controllo sulla vita e sul disordine, sia una zona d’ombra che la mette a disagio.
Del resto l’artista sta vivendo un periodo intenso della sua carriera che la vedrà presto dirigere la sua opera seconda, dopo il successo di critica per l’esordio Ciliegine. Cominceranno a settembre le riprese di Assolo, sceneggiato dalla Morante, che ne è anche l’interprete, insieme a Daniele Costantini: “Un film corale con tanti personaggi, con di nuovo al centro l’universo femminile”.
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