Pernilla August: “La mia Love Story alla svedese”

L'attrice-regista ha diretto A Serious Game, tratto dal più importante romanzo d'amore del suo Paese


BERLINO – Dalle pagine del più grande romanzo d’amore svedese, un libro firmato nel 1912 da Hjalmar Söderberg e studiato nelle scuole, alla ribalta della Berlinale. E’ stata l’attrice-regista Pernilla August a far compiere il salto che ha portato sullo schermo A Serious Game, storia dell’amore grandissimo e tormentato tra la giovane artista Lydia (Karin Franz Korlof) e il giornalista Arvid (Sverrir Gudnason), tra cui scoppia una scintilla che non può diventare fuoco per le avverse condizioni sociali della Stoccolma d’inizio ‘900, ma il sentimento continuerà a covare per anni sotto la cenere. August, passata con successo alla regia nel 2010 con Beyond, premiato alla Sic di Venezia, dopo e durante una lunga carriera da attrice che l’ha vista anche calcare il set della saga di Star Wars (episodi I e II), è entrata nel progetto grazie a Lone Scherfig, la regista di An Education e One Day che di A Serious Game ha firmato la sceneggiatura. Nel cast anche Michael Nyqvist, protagonista della versione svedese della serie Millennium, qui nei panni del caporedattore Markel. 

Perché adattare questo romanzo proprio ora?
Quando ho letto il romanzo ho sentito che nella mia vita avevo incontrato le persone di cui parla, anzi che io stessa ero stata Lydia e Arvid. Ho pensato che se potevo relazionarmi a questi personaggi avrebbe potuto farlo anche il pubblico. Era interessante domandarmi se ciò che emozionava all’inizio del secolo poteva farlo anche oggi, è stato il mio modo di entrare nel film.

Il libro è scritto da un uomo, ma la sceneggiatura è scritta da una donna.
Lone Scherfig ha fatto il mio nome per la regia e quando ci siamo parlate abbiamo convenuto che in questa storia dovevamo valorizzare le donne. Nel romanzo, Lydia appare quasi come una fantasia poco credibile e il nostro obiettivo era proprio rendere credibili lei e gli altri personaggi femminili. 

In che modo A Serious Game racconta una storia attuale?

L’amore è sempre attuale, tutti noi abbiamo avuto una storia come quelle dei personaggi, una di quelle che non è mai arrivata fino in fondo. Una grande fantasia, bella e dolorosa, di non poter vivere insieme. Parla anche di come ognuno di noi fa le sue scelte, se con il cuore o con il cervello. Arvid in realtà non compie scelte, ma lascia che altri lo facciano per lui. In un certo senso non ha volontà. Anche in questo caso ho sentito di aver incontrato un uomo così nella mia vita. 

Ricorda quando ha iniziato a desiderare di fare la regista?

Il mio primo film da attrice è stato Giliap e l’ho fatto a 15 anni con Roy Andersson, avevo una parte piccolissima e ricordo che quando ho finito e dovevo tornare a casa pensavo che volevo stare ancora sul set dall’altro lato della macchina da presa. Già allora ho sentito che forse un giorno avrei potuto fare la regista. Inoltre credo che la mia decisione di lasciare il Royal Dramatic Theatre ha reso possibile che facessi qualcosa di diverso, e allora ho fatto un cortometraggio. 

C’è qualcosa in particolare che ha imparato facendo l’attrice e le è stato utile poi come regista?
E’ stata molto importante una cosa che mi ha detto Bergman: non venire a compromessi con il tuo intuito. Mi ha davvero insegnato ad ascoltare il mio intuito, il mio strumento più importante. 

Ascoltando lei e molti suoi colleghi si ha l’impressione che Bergman sia ancora un Dio o un padrino per tutti voi…
E’ come un anziano padre, piuttosto. Ho imparato così tanto da lui. Lavorare con lui era tutto una sfida.

Il cinema svedese sembra vivere un grande momento. Lei che impressione ha?
Abbiamo una tradizione di registi che hanno il director’s cut e di produttori che non dicono l’ultima parola come accade in altri paesi, soprattutto in America. In Svezia il cinema non è un business, è piuttosto artigianato.  

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