La perdita della memoria e di altre abilità intellettuali, una demenza così drammatica da interferire e riscrivere la vita quotidiana di chi ne soffre in primissima persona, ma non meno di chi condivide il cammino dell’esistenza con la persona affetta: il che fa sì che l’Alzheimer diventi una sindrome famigliare, corale, un’espressione di cura e una sublimazione del concetto d’amore.
PerdutaMente di Paolo Ruffini e Ivana Di Biase è un documentario, che arriva dopo il successo per l’attore e autore con Up&Down – Un film normale (2018): e affronta un discorso sulla memoria, seppur differente da quella usualmente curata dall’Archivio Luce, che, come Luce Cinecittà, distribuisce l’opera. Il film cerca di portare la memoria ad un livello di mobilità, che viene accarezzata in maniera speciale.
La distribuzione di “Luce Cinecittà per noi è anche un abbraccio istituzionale, cosa che già ci premia”, afferma subito Ruffini, per poi entrare nel vivo del progetto spiegando che: “Non volevamo fare un film patetico, che fosse indulgente verso la strumentalizzazione della malattia. E avevamo anche la volontà di affrontare un tema con una dose di leggerezza, senza i macigni del cuore. Non è un film di denuncia, è un film che racconta storie d’amore”.
Spiega Ivana Di Biase che “Paolo sogna e io provo a capire come si possa costruire. Rispetto al film, ho curato di più la ricerca e lo sviluppo. Con enorme sorpresa abbiamo ricevuto centinaia di segnalazioni di storie, così come diverse erano le aree di provenienza dall’Italia. Ci siamo preparati a affrontare le realtà con rispetto delle fragilità. Condividere per le persone è catartico, e io ne sono stata personalmente onorata. Spero dal film possa emergere come dentro l’Alzheimer ci siano molti piccoli temi enormi, dalla diagnosi alla presa di coscienza: ho imparato che perdere la memoria significa perdere la traccia di se stesso, perché progressivamente si sgretolano gli strumenti, e spero il film possa servire a raccontare tutto quello che non si vede” di questa malattia.
“Non ho parenti con l’Alzheimer, non credo si debba per forza avere un’attinenza personale: sono partito da una curiosità, come un Don Chisciotte, un qualcosa che ti lascia anche il giusto distacco. È un film che ha richiesto circa 20 mesi di lavorazione. Questa storia pensavo fosse urgente in un periodo in cui si parla di morte ma non di vita: nessuna malattia è bella, ma la grandezza della malattia è un modo diverso di concepire la vita. PerdutaMente è proprio un film, in tre atti, e racconta di come siamo qui non per vivere ma per amare. Come successo per Up&Down, abbiamo pensato si potesse realizzare un film pop sul tema”, continua Ruffini, che aggiunge: “Palesando la mia ignoranza iniziale, pensando all’Alzheimer immaginavo un anziano che vive una situazione drammatica. Ma ci stavano arrivando storie di legami, per cui ho dovuto sradicare che fosse qualcosa di connesso alla vecchiaia. Ci siamo resi conto che raccontando diverse storie raccontavamo diverse vite. Abbiamo lavorato una materia spigolosa emotivamente, non immaginavo così tanto: abbiamo tenuto la macchina da presa fuori da certe intimità, non ci si interrogava al di là di quello che la parola potesse dire da sé”.
I produttori di Well See – con cui la Vera Film di Ruffini e Nicola Nocella ha prodotto il film, con anche il contributo di Roberto Cavalli – dichiarano di essere: “stati onorati di condividere qualcosa che lasciasse il segno, un messaggio lanciato al cuore e alle mente delle persone: il fermarsi ad accudire. Abbiamo sostenuto la fantasia, l’irruenza e il sogno di Paolo, siamo entrati in corsa, fornendo qualche attrezzo per edificare, e siamo orgogliosi di uscire in un giorno in cui si parla d’amore, che qui è sublimato”.
PerdutaMente esce infatti, dapprima, come film evento il 14-15-16 febbraio in una cinquantina di città, per poi fare un passaggio su Sky – oltre che godere dei diritti d’antenna Rai -, fino a un ritorno a marzo nelle sale cinematografiche. “La mia aspettativa è che abbia successo”, dice con franchezza Paolo Ruffini. “Non può avere il destino di Spider Man né io sono Tornatore: vorrei però fare una carezza a chi vive la malattia e che invece gli altri avessero la voglia di ascoltarci perché, se nel film ci caschi dentro, qualcosa ti resta… e io credo anche nei miracoli. Mi piace ‘ingannare il pubblico’, che potrebbe pensare di andare a vedere ‘un film di Paolo Ruffini – il comico, il televisivo leggero – per cui magari rimane deluso, ma poi colpito: io sono una creatura pop e credo che una cosa seriosa si possa affrontare anche con una serietà alternativa. Il più grande senso del comico è la tragedia, nella Commedia all’italiana i nostri vecchi Risi e Monicelli sono riusciti a raccontare il divertente anche dietro la Grande Guerra. L’equivoco italiano è identificare il comico solo come un giullare”.
Una “nota” non secondaria del film sono poi le musiche originali di Claudia Campolongo e Gianluca Sambataro, oltre a brani da Vasco a Gaber, per cui la Maestra spiega di aver: “cercato di comporre cose che fossero semplici e riportassero a un mondo un po’ infantile, con sensazioni emotive che facessero calare nelle emozioni non complesse dell’essere bambini”.
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