Un libro cade, l’amore scocca.
E questo succede con una scelta visiva precisa, un pò misteriosa, un pò ludica: infatti, dapprima guardiamo la scena, e ne comprendiamo l’essenza, solo all’altezza delle scarpe; guardiamo due paia di scarpe – uno femminile, uno maschile – che s’approssimano, si fermano, ripartono, e tra di loro un libro, a dividerle, anzi ad unirle, perché quelle scarpe sintetizzano i passi del cuore di chi le indossa.
C’è l’incontro/scontro tra Lisa (Ani Karseladze/ Oliko Barbakadze) e Giorgi (Giorgi Bochorishvili/ Giorgi Ambroladze), fuori da una scuola – luogo di per sé non incidente, se non per l’innocenza propria dei bambini, così dell’amore puro: siamo a Kutaisi, Georgia, Paese d’ambientazione e di co-produzione, insieme alla Germania (Sakdoc Film, Tiflis e New Matters Films, Leipzig/Berli), di What Do We See When We Look at the Sky? (Ras vkhedavt, rodesac cas vukurebt?): il film, in anteprima mondiale, partecipa in Concorso a Berlino 2021.
L’innamoramento è poesia – così nelle sequenze notturne illuminate dalle lucine come fossero fiammelle, accompagnate dalle melodie di un’arpa – e confusione: è incanto e distrazione, è la voglia di reincontrasi – dopo la galeotta caduta del libro – ma senza essersi nemmeno presentati per nome.
Il regista, Alexandre Koberidze, georgiano di Tbilisi, formatosi al cinema in Germania (laurea in Regia alla German Film and Television Academy Berlin; Let the Summer Never Come Again ha vinto il Grand Prix al FIDMarseille), racconta l’amore a prima vista, quello così primaverile e carezzevole da riuscire a far dare anima e magia a qualunque cosa e circostanza. E lo racconta non solo con il linguaggio visivo e la sceneggiatura, ma ricorrendo proprio alla narrazione, infatti molte sequenze del film sono in voce fuori campo, proprio come fosse un cantore a leggere la storia di un libro.
E il titolo What Do We See When We Look at the Sky? – ovvero, Cosa vediamo quando guardiamo il cielo? – restituisce bene l’immensità e l’incanto che lo sbocciare di un sentimento è capace di radicare dentro l’essere umano. Così, guardando il sole negli occhi, Lisa e Giorgi si lasciano baciare e abbracciare dalla luce della semplicità, continuando a incontrarsi, giorno dopo giorno, aspettando che sia di nuovo il momento di un ennesimo incontro.
Una commedia lenta, pervasa dalla grazia del sentimento dell’innamoramento, che porta insita in sé la passione, propria anche dell’amore per la musica, dell’amore per il calcio, elementi cardine del film, aggreganti del racconto, fino a tentare di essere contagiosi, come addirittura succede con un cagnolino di strada.
Alexandre Koberidze, con il cinema, rende narrabile e visibile ciò che con più difficoltà percepiamo nella realtà delle nostre vite, quando vissute soprattutto in prima persona, con quelle sfumature che muovono emozioni e fatti, ma che non sempre si ha la lucidità, l’analiticità, o anche il desiderio di capire di più, lasciando invece che ci trasportino, forse per un più semplice e istintivo godere delle cose. E così, parafrasando esattamente il testo del brano musicale: “Forse non sarà una canzone a cambiare le regole del gioco – ma voglio viverla così quest’avventura – senza frontiere e con il cuore in gola”, il film viene vivacizzato dalla voce di Nannini e Bennato, con la loro Un’estate italiana (“Notti Magiche”), sintesi perfetta per riflettere l’essenza della trama, tra amore, pallone e note.
Lisa e Georgi sono un simbolo, l’icona del processo dell’innamoramento, qui la coppia regina di cui, nel mondo, esistono multipli e multipli, perché il sentimento costituente si replica universalmente.
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