CANNES – Birmania, 1917. Edward (Gonçalo Waddington), funzionario dell’Impero britannico, sotto una pioggia battente, con imbracciato un fradicio mazzo di fiori, s’intende stia aspettando qualcuno, probabilmente il suo amore, ma… non arriva nessuno, o lui decide di non aver tempo di aspettare? Semplicemente, il giorno delle nozze con Molly (Crista Alfaiate), fugge e s’imbarca, destinazione Singapore.
Comincia così, in bianco e nero – fotografia scelta per la più parte della vicenda – il Grand Tour del portoghese Miguel Gomez, in Concorso.
“E’ una commedia, non sempre melodrammatica, in parte tragica: c’è un continuo cambiamento di toni, cambiano i momenti emotivi, ma sono tutti compatti dall’essere parte dello stesso film”, spiega l’autore, la cui storia sul grande schermo è nata “qualche anno fa, quando ho avuto l’occasione di leggere un libro di viaggio di William Somerset, in cui scriveva città, giungle, persone, e in tre pagine c’erano dettagli della Birmania e dettagli di una storia romantica. Il grand tour è stato un classico dell’inizio del XX secolo, nei territori dell’impero britannico. Io ho voluto fare questo film per fare un’indagine umana: ho deciso di creare uno script originale perché nelle mie intenzioni c’era un immaginario visivo arcaico, e un’attenzione per le psicologie, maschile e femminile”.
Una visione estetica che Gomez tiene a raccontare. “Ho creato il mio found footage; tutto è stato realizzato in studio: il cinema permette di creare il mondo in uno studio. Le immagini dell’Asia contemporanea consentono una transizione del tempo, prolungando il concetto di eternità di un sentimento”. Infatti, la storia su grande schermo, preso il largo verso l’isola malesiana, procede in un mélange tra passato e presente, sempre optando per un predominante bianco e nero, ma non escludendo del tutto il colore: dal Raffles Hotel in cui Edward incontra Reginald, cugino della promessa moglie, si continua su un treno verso la giungla, da cui vediamo l’uomo saltare giù, illeso dall’incidente ferroviario, che sembra non averlo turbato, infatti resta intento a farsi rapire dalla Natura vergine circostante. Il grand tour continua addentrandosi nel villaggio rurale lì prossimo, con cui non tarda a prendere confidenza: lo osserviamo al fiume mentre si sciacqua i propri panni.
Gonçalo Waddington commenta Edward “come proustiano e io ho interpretato il puro amore. Non ho avuto tanto bisogno di un lavoro psicologico, è stato però fondamentale indossare abiti e scarpe del personaggio; ed è stato interessante il modus della recitazione, quasi come fossimo dei burattini”.
Dalla giungla, il grand tour naturalmente procede, verso Bangkok, poi Saigon e ancora Osaka, località in cui l’autore perpetra la scelta di mescolare il tempo passato con quello moderno: Edward raggiunge un monastero montano e lì arriva un’anziana signora accompagnata da uomini in divisa, lei lo interroga, qualcosa sembra non tornare nei suoi documenti, finché viene costretto a partire verso Shanghai ma, strada facendo, nell’approdo in un villaggio circondato da bambù e panda, per la prima volta incontra un occidentale e, dopo poca confidenza, gli parla di Molly, a cui scriverà una lettera. E l’ultimo istante in cui lo spettatore sta accanto a Edward.
È il momento di lei che, determinata a sposarsi, parte alla ricerca di lui, ne segue le tracce attraverso l’Asia. Infatti, la osserviamo imbarcarsi e raccontare, lì a bordo, che si sarebbe dovuta sposare con un funzionario che invece l’ha lasciata. È qui che conosce un ricco proprietario terriero, che l’approccia e addirittura non tarda a chiederla in matrimonio, rifiutato. Lei, passando per il Ruffles Hotel e incontrando il cugino Reginald, procede per la giungla, apprendendo da un trafiletto di giornale di un deragliamento ferroviario ma, in questo errare, infine, si ritrova a soggiornare nella casa del possidente agricolo e, quasi persuasa dalla dolce domestica Ngoc, sembra cedere al corteggiamento di lui ma… Molly non riesce a restare ingabbiata in quella situazione e, portando con sé la fanciulla, parte, infatti Crista Alfaiate dice: “ho impostato il mio personaggio sul senso dell’urgenza di procedere verso qualcosa”.
Il grand tour di Molly e Ngnoc progredisce, con le stesse fatiche e gli stessi stupori vissuti da Edward, finché la signorina britannica sembra aver ormai una sorte ferale su di sé: è quasi esanime nella foresta, ma – come dice Miguel Gomez – “Molly è un bulldozer, ha un differente approccio alla vita rispetto a Edward, in questo che è un film sull’intimità”.
Grand Tour -per l’Italia, in co-produzione minoritaria – è stato realizzato con la partecipazione di Vivo Film.
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