Roberto Rossellini dietro il debutto, appena ventenne, di Giuseppe Rotunno, colui per cui “Senza luce il cinema non esisterebbe”. Da L’uomo della croce (1943) a Marcello Mastroianni: Mi ricordo, sì, io mi ricordo (1997) di Anna Maria Tatò, passando per Cristo non si è fermato a Eboli, Leone d’Oro alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia nel 1952, la carriera di Peppino Rotunno ha attraversato e scritto la Storia del Cinema, con le prime esperienze a Cinecittà dagli Anni ’40. Rotunno nasceva a Roma il 19 marzo 1923 e ci lascia oggi, 7 febbraio 2021, a quasi 98 anni.
7 Nastri d’Argento, 2 David di Donatello, una Nomination all’Oscar per la Miglior Fotografia di All That Jazz – Lo spettacolo continua (1980) di Bob Fosse, che vinse anche un Bafta. Il gattopardo, Rocco e i suoi fratelli, Il Casanova, Senso – alcuni film per cui è spesso stato definito “il direttore della fotografia di Luchino Visconti”, così come “di Federico Fellini”, infatti è sua la fotografia di Amarcord, Fellini Satyricon, Roma, Prova d’orchestra, La città delle donne, E la nave va, e – per Il Casanova di Federico Fellini – fu candidato agli Oscar inglesi nel ‘76.
Un maestro, non solo sul set di grandi film, ma anche nella formazione: Rotunno è stato responsabile del corso di Fotografia presso il Centro Sperimentale fino al 2013; inoltre, ha supervisionato in prima persona il restauro di alcuni suoi film, tra cui Rocco… e Amarcord. Prima, durante la Seconda Guerra mondiale, fu operatore di reportage in Grecia, e i nomi del nostro cinema a cui ha poi legato il proprio sono moltissimi e tutti prestigiosi: De Sica, Monicelli, Pasolini, Zurlini, Soldati, Pietrangeli, Wertmuller, poi Argento, Faenza, Benigni e Troisi.
Il nome di Rotunno, però, non appartiene solo al cinema italiano, ma anche a quello di Hollywood, ha infatti collaborato con Robert Altman, Terry Gilliam, Sydney Pollack, tra gli altri, e nel ‘66 è stato il primo direttore della fotografia – non statunitense – ad essere ammesso all’ American Society of Cinematographers.
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