Paradise Highway, un lungo viaggio verso la libertà

Presentato nella sezione Piazza Grande a Locarno 75 il film di Anna Gutto con protagonista Juliette Binoche


Uno dei film più sorprendenti della Piazza Grande di Locarno è certamente Paradise Highway, di Anna Gutto. E non solo perché porta sullo schermo una storia tutta al femminile ambientata nel mondo delle donne camioniste (anche se è da segnalare uno straordinario Morgan Freeman nei panni di un detective di provincia)  ma anche perché a interpretare il ruolo della protagonista, Sally, una donna dal passato burrascoso, con un fratello in galera invischiato in traffici poco chiari e molto pericolosi, è Juliette Binoche, attrice di cui sono note la versatilità e le grandi risorse recitative ma che in questo caso ci regala davvero una grande prova d’attrice, dando forma a un personaggio che porta addosso tutto il peso del mondo reale, una realtà poco conosciuta, in cui  ha voluto immergersi completamente per costruire il suo personaggio.

Un passaggio interessante, in questo senso era già stato quello di Tra due mondi di Emmanuel Carrère (dove interpreta una giornalista che si finge donna delle pulizie su una nave da crociera), ma per Paradise Highway il percorso, come dichiara lei stessa “è stato profondo e intenso, perché mi ha portato a scoprire un tipo di vita di cui non conoscevo nulla”. Esistenze, dure, praticamente ai margini quelle delle tante donne che sulle grandi autostrade americane guidano i camion e che in questo film sono raccontate attraverso un thriller che è anche un road movie. E come si conviene al genere i colpi di scena non mancano in questa storia dove Sally, che come abbiamo detto fa anche da corriere per il fratello, viene coinvolta in un traffico di prostitute bambine. L’incontro con una di loro, Leila  (interpretata dalla giovanissima e talentuosa Hala Finley) cambierà per sempre la sua vita, facendole sognare per la prima volta un futuro diverso. 

“Per diventare Sally ho frequentato a lungo Desiree – spiega Binoche –  una donna che fa questo mestiere e che è stata la fonte di ispirazione del film, una persona con un grande senso pratico e con alle spalle un passato durissimo, come hanno spesso molte delle sue colleghe. Siamo state tanto tempo insieme, è sempre stata presente sul set, e l’ho anche accompagnata in alcuni dei suoi lunghi viaggi. La sua conoscenza mi ha aperto la mente. Lei, come tutte le donne che scelgono questo lavoro, vivono in condizioni molto difficili, stanno sulla strada per giorni e mangiano cibo spazzatura, e molte di loro hanno anche subito delle aggressioni sessuali. Dovrebbero fare una rivoluzione”. E una rivoluzione in questo film in un certo senso c’è, nasce dalla ribellione di Leila  che nonostante la giovane età capisce subito che ci si salva soprattutto da soli, e che se si riesce a farlo forse ci si può permettere di  sognare, perché no, anche il “paradiso”. 

“Questo è un film di finzione – spiega Gutto – ma potrebbe essere tranquillamente un documentario. Tutti i dialoghi e molte delle situazioni che mostro sono tratte dalla vita vera, corrispondono a ore e ore di racconti di una comunità di donne autotrasportatori che hanno creato un’associazione per proteggersi e confrontarsi. Una di loro è appunto Desiree, che ci ha permesso di raccogliere tutta questa documentazione. Quando mi sono resa conto del tipo di vita che conducevano e anche del modo in cui si prendevano cura l’una dell’altra la storia ha praticamente preso forma da sola”.

E sulla genesi di questo film anche la produttrice Claudia Bluemhuber ha tenuto a sottolineare quanto abbia da subito preso a cuore il progetto: “Sono stata particolarmente felice di lavorare a Paradise Highway perché erano anni che mi arrivavano solo copioni di film d’azione scritti da uomini. E questo succede perché spesso le donne non si sentono all’altezza di proporre delle storie che sono appannaggio quasi esclusivo del mondo maschile. Invece non è così e il film di Anna lo dimostra senza ombra di dubbio”.

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