“Sono molto contento. Quest’anno ci sono un sacco di film molto buoni, ad esempio non è entrato Farhadi, che è un grande regista, quindi questo dà la misura di quanto il gioco fosse complicato – commenta così Paolo Sorrentino la sua candidatura agli Oscar per È stata la mano di Dio, in una conferenza stampa speciale organizzata da Netflix – La vera vittoria è entrare in un ristretto gruppo di registi che vengono considerati bravi. È una soddisfazione personale perché per me è un film molto importante. Sono stato per quattro mesi avanti e indietro per gli Stati Uniti e in tempi di Covid è stato molto faticoso. Senza pandemia sarebbe stato più divertente”.
Il regista, dopo la vittoria della statuetta nel 2014 con La grande bellezza, non si sente tra i favoriti per questa edizione: “È inutile far finta di niente, il favorito è Drive My Car, è candidato anche come Miglior Regista e Miglior Film. Sono molto a mio agio a non essere il favorito. Con La grande bellezza gli ultimi tempi ero un po’ diventato il favorito e la cosa mi metteva grande soggezione. Mi piace molto di più partire dalla panchina. Mi sento più invecchiato, ho un rapporto con le cose meno nervoso. Più pacificato. Il che non vuol dire essere meno appassionati. Sono più fatalista, più pronto a quello che viene, nel bene e nel male, senza farmene un cruccio”.
“Il mio modo di gioire per le cose belle che vengono per questo film è quello di commuovermi, non di esultare. Gioisco commuovendomi – continua Sorrentino – Mi fa molto sorridere quando i detrattori dicono: ‘questo è un film concepito per vincere l’Oscar’. La formula non ce l’ho io come non ce l’ha Spielberg, che conosce il meccanismo molto bene. Le regole non ci sono. Ci sono i film e ci sono 10mila persone che votano, non c’è una regola fissa che attraversa 10mila teste”.
Sorrentino non commenta quale sia il suo preferito tra i film candidati, ma si espone su un’opera che gioca “un’altra categoria”: “Il film più bello che ho visto è Licorice Pizza di Anderson, nella sua semplicità e convenzionalità credo sia un capolavoro. Credo sia difficile raggiungere quel tasso di leggerezza ed emozione”.
Sul perché non ci siano state altre candidature italiane dalla sua ultima, dichiara: “Entrare in questi giochi è il frutto di una serie di convergenze fortuite, il film giusto nel momento giusto. Non vuol dire che negli anni precedenti non ci fossero film altrettanti buoni, ma semplicemente la cosa non è accaduta, come per esempio non c’è il film di Farhadi, appunto. Come nel calcio, a volte si perde all’ultimo minuto, anche se una squadra non è più forte dell’altra”.
Infine, il regista commenta le recenti dichiarazioni di Robert De Niro, che ha molto apprezzato È stata la mano di Dio: “Per me è felicità pura, De Niro è una specie di divinità. Poi è citato anche nel film. Il protagonista cerca invano di vedere C’era una volta in America, mi sembra un bel cerchio che si chiude: il me-grande ha avuto la possibilità di incontrarlo e addirittura ha scritto di un mio film. Mi riempie di felicità. De Niro è il cinema”.
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