Sono ospite dell’Istanbul Film Festival. Il sole sta tramontando su piazza Taksim. Il panorama turneriano che godo dalla mia finestra è mozzafiato. In televisione, grazie al satellite, c’è Un Medico in famiglia. Poi sullo schermo appare un’autentica bella faccia, un volto che riconcilia con la dissonanza prodotta tra il tramonto e la tv della domenica di Raiuno. È la faccia di Paolo Sassanelli, quarantuno anni, da Bari. Qualche giorno dopo, Paolo mi accoglie nella casa che divide con la compagna Marit Nissen e la loro bimba di sei anni e mezzo, nel quartiere a sud, di San Giovanni. Sassannelli corrisponde esattamente al senso della parola inglese charming, ha stile e fascino e li coltiva, sembra, anche per piacere a se stesso. Sicuro volto del futuro dello schermo (nonostante al presente abbia accumulato un’ottima sfilza di collaborazioni, lui amerebbe questa parola, con Gianni Zanasi in Fuori da me e Nella mischia, con Alessandro Piva in LaCapaGira, con Matteo Garrone in Ospiti) lo possiamo vedere ora nella commedia sovversiva di Cristiano Bortone Sono positivo e lo vedremo nella prossima stagione nel sicuro successo di Lucio Pellegrini Tandem. Nella stanza dove facciamo la nostra piacevole chiaccherata siamo in tre: io, Paolo e la gattina di casa davvero dolcissima…
Quanti anni hai?
Quarantuno
Non li dimostri…
Sì… è una cosa di cui vado orgoglioso, non me li sento. Mi sento ancora piccolo, giovane. Ho voglia di imparare. Quarantuno significherebbe maturità, capacità di insegnamento. Ma io non voglio insegnare niente.
Sei papà!
Sì. Sono complice di mia figlia (sei anni e mezzo). Spesso contro la mamma…
Complice?
Facciamo cose di nascosto…mangiamo le cose proibite di nascosto, andiamo a Disneyland…
Come è arrivata?
La mamma pensava di essere sterile, poi ha incontrato me ed è successo (ride) una felicità…
Come ti ha cambiato?
Io avevo un po’ paura perché pensavo di non essere all’altezza: si impara ad essere padri.
Si muta nel fisico? Si diventa più conservatori?
No. Mai! No. Però sai che certe cose non le puoi fare.
Come ti ha cambiato come attore?
Io collaboro quando recito. Credo di avere imparato da lei quanto in tutti i corsi di recitazione fatti.
Cosa ti ha insegnato?
Mi ha fatto ricordare il senso della meraviglia. Ho riscoperto con lei di meravigliarmi delle cose semplici e di quelle importanti.
Quando hai deciso di fare l’attore?
Non so! Vent’anni fa andai a fare un corso perché avevo litigato con la fidanzata di allora. Mi aveva sorpreso con un’altra. Ci baciavamo. Allora io le inventai – e finii per crederci – che non ero io, che era un altro che aveva visto, che ero in un altro posto. Credendo io stesso di non essere lì con quella ragazza riuscii (anche se per cinque minuti) a farle credere di aver visto un altro. Poi mi diede uno schiaffo e mi disse che ero un attore nato!! Lì ho capito che potevo dire le bugie come fa un attore e mi iscrissi a un corso di recitazione.
Mi stai dicendo che gli attori sono dei bugiardi?
Assolutamente. Sono dei gran bugiardi. Le bugie devono essere bianche…
Più cinema o più teatro?
Ultimamente preferisco il cinema perché sono pigro: chiede tanto in poco tempo. Il teatro chiede molto impegno e tanto tempo. Il cinema è più intenso.
Qual è stato il tuo primo film?
Don Chisciotte con Scaparro. Era un operazione multimediale. Non capivo un cazzo di quello che facevo (ride).
Perché?
Scaparro è intelligente, grande creatore di eventi. Ma non forma gli attori, ei io avevo bisogno di un maestro. Senza guida ero perso.
È importante la formazione teatrale?
Sì, per me sì. Sono spaventato dal sistema del successo che ti prende, ti mastica e ti sputa. All’epoca facevo Classe di ferro. Alla terza serie ho mollato per fare Godot in un teatro. Le recensioni ci massacrarono ma quello spettacolo mi ha dato molto. Io non ho una faccia che si impone in maniera forte. Io voglio collaborare con i miei colleghi, voglio essere una parte del progetto…
Che percezione hai di questa nuova generazione di cineasti che si affaccia in italia?
Ne conosco una buona parte, li stimo tutti. Hanno un grandissimo talento e su tutti Zanasi. Qualsiasi cosa faccio con lui poi sullo schermo ha valore. Nasce l’imprevisto che prende vita da solo. Ma provo anche molto piacere a pensare a Piva a Pellegrini.
Chi sono, perché c’è una differenza, cosa (ti) portano?
Uno scambio. Il senso di collaborazione. Mi hanno messo dentro quello che facevano. Però devono avere più coraggio. Dobbiamo avere più coraggio.
Di cosa non hanno coraggio?
Di rompere le regole. Di dire vaffanculo ai produttori. Hanno molta paura del giudizio dell’ambiente. Sono di enorme talento ma sono paralizzati. Ma si può fare, diventare, una cosa concreta. Ora.
Gli agenti? Serve l’agente?
A trovare lavoro no. Servono per occuparsi dell’aspetto burocratico, contrattuale. Incidono al dieci per cento, appunto, su quelle che sono le possibili offerte di lavoro.
E gli uffici stampa?
Quello serve tanto. Ne ho avuto ora uno per un mese, Marinella De Rosa, per LaCapaGira e per Fuori di me. Piccoli film che dovevano essere sostenuti…
Come spendi i tuoi soldi?
Nel mantenimento della mia famiglia, non ho molti soldi ma quando ne ho un poco di più compro dischi.
Cosa ascolti?
Download, Tiveri Corporation. Amo molto un musicista, Claude Challe che fa colonne sonore per locali pubblici. Sono compilation di musiche off off. Mi piacerebbe fare la colonna sonora per un supermercato, un dentista.
E la vanità?
Eh… per quanto cerchi di nasconderla emerge sempre. Ci devi vivere insieme, non negarla, altrimenti diventa una sofferenza.
Con chi vorresti lavorare?
Scorsese, pagherei col mio sangue. Edgar Reitz, Jarman se…
Quali film hai visto di recente?
Beautiful People e Magnolia. Mi sono piaciuti perché hanno sostanza…e soprattutto Eyes Wide Shut. C’è tutto lì, Schnitzler, la fine secolo, la coppia. È tutto lì.
La disfatta elettorale della sinistra?
Sono cavoli amari… è dura, per me è dura. Mi spaventa. Se vince Berlusconi forse è meglio.
Perché?
Così ci viene voglia di fare qualcosa. Manca la passione del conflitto e forse con Berlusconi…
Il film della tua vita?
Portiere di notte, mi ha sconvolto. Taxi Driver, ma ce ne sono tanti…
Paolo Sassanelli dicevamo all’inizio è una persona charming. Dopo un paio di ore insieme diventa più facile immergersi nella bollente metropolitana A di una capitale che si addormenta Repubblica e si risveglia papalina e omofoba. Ma questa, lo so, è un’altra storia…
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