Con L’ospite segreto, film sull’immigrazione e l’amicizia tra due uomini, il regista Paolo Modugno torna in sala il 4 aprile, a due anni di distanza dal controverso Territori d’ombra (leggi il dossier).
Ispirato al il racconto breve Il clandestino di Joseph Conrad, il film mette in scena il rapporto tra Hadì (Ludgero Fortes Dos Santos), un uomo in fuga dal suo paese, e Emanuele Lari Alliano (Corso Salani), capitano di marina di un paese del Primo mondo.
Nel corso delle 8 settimane di riprese, tutte in Calabria, Modugno è entrato anche nel campo di Crotone, riservato all’accoglienza dei perseguitati politici. In questo spazio di “stranieri” chissà perché circondato dal filo spinato, la sua troupe ha allestito il concerto live che fa da preludio all’incontro dei protagonisti.
Nel cast anche Romina Mondello e Ben Gazzara nei panni di un sergente. Sua la frase “L’acqua ha una sua memoria” che compare nella locandina.
L’ospite segreto, costato 2 milioni 844 mila euro, è prodotto, come il film precedente, da Veronica Salvi per Esse&Bi Cinematografica, marchio che proprio con questo film esordisce anche nella distribuzione.
Il racconto di Conrad ruota attorno al tema del doppio. Anche il suo film?
Il doppio è un topos classico per Conrad. E’ lo stesso messo in scena da Coppola in Apocalypse now (ispirato a Cuore di tenebra ndr). Il viaggio di Sheen/Willard verso Brando/Kurtz allude alla coesistenza del bene e del male in ognuno di noi. Ne L’ospite segreto mi sono concentrato piuttosto sul rapporto tra due uomini che sfocia nell’accettazione reciproca: un concetto ben diverso da quello odioso, e secondo me reazionario, di tolleranza. L’immigrato in fuga aiuta il giovane capitano, un figlio di papà cresciuto nella bambagia, a crescere e trovare la sua coerenza. Al centro c’è la comprensione delle ragioni dell’altro, l’elemento chiave per una società multiculturale.
Come ha dosato l’ingrediente della cronaca?
Il sapore di verità è presente nelle scene del concerto. Le altre, che giocano molto sul contrasto di tinte e colori, hanno ben poco di documentaristico. All’inizio volevo inserire alcune immagini prese dai tg che mostrano la navi cariche di immigrati. Ma poi ho preferito evitare i riferimenti diretti alla realtà.
Così come ha evitato riferimenti a luoghi precisi.
Si. La scenografa Francesca R. Salvi ha lavorato molto sulla sottrazione. Non volevo che rimanesse nulla dell’ambientazione originale. Nel film non vengono mai nominati né il paese di provenienza del protagonista né quello di approdo. Sono stati cancellati persino dalla sceneggiatura in cui rimangono solo “Anywhere” 1 e 2 a indicare che quella storia potrebbe svolgersi in qualunque luogo. L’obiettivo è quello di creare nello spettatore un effetto di straniamento, farlo entrare nella dimensione del viaggio.
Che ruolo ha la musica?
E’ molto più del classico commento sonoro. La colonna sonora, composta dalle sonorità world music di Sarah F. Dietrich e Mark Hanna, è tratta dal concerto nel campo di Crotone.
Il ricordo dell’esperienza nel campo?
Nonostante sia circondato dal filo spinato, che evoca immediatamente il lager, è un luogo molto civile, diverso dai centri di detenzione per immigrati. La nostra è stata la prima troupe a entrare là dentro, per di più in un’occasione positiva come il concerto. Con i profughi si è creato un rapporto straordinario. Per tutelare tutti coloro che hanno ancora problemi con i governi dei loro paesi ho evitato di riprenderli, compaiono solo di spalle e in inquadrature oblique.
Lei è socio della Esse&Bi Cinematografica. Perché la scelta di diventare distributori?
E’ seguita alle difficoltà riscontrate con Territori d’ombra. Nel nostro listino c’è anche Rachida di Yamina Bachir Chouikh, presentato a Cannes 2002 nella sezione Un Certain Regard, che andrà in sala il 28 marzo. A ottobre uscirà L’apetta Giulia e la signora Vita, il mio lungometraggio di animazione in 3D che affronta in maniera molto morbida i concetti di vita e morte. Poi a Berlino abbiamo acquistato tre pellicole: una israeliana, un musical olandese e Chinese Odyssey 2002 di Jeffrey Lau.
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