Paolo Briguglia in noir sognando Dario Argento


Forse sono in pochi a ricordarsene, ma il “lato noir” di Paolo Briguglia, giovane ma affermato interprete di tanti film drammatici – da Buongiorno, notte di Marco Bellocchio a Ma quando arrivano le ragazze di Pupi Avati, passando per La terra di Sergio Rubini – è emerso quasi dieci anni fa, quando recitò nel film d’esordio di Luca Guadagnino The Protagonists, storia di due assassini che uccidono a pugnalate un cuoco egiziano a Londra. Oggi la “zona oscura” dell’attore torna alla luce nella sua veste di giurato del diciassettesimo Noir in Festival di Courmayeur, che lo vede intento a giudicare i 10 titoli scelti per il concorso da Giorgio Gosetti, Marina Fabbri ed Emanuela Cascia. Con lui sono in giuria Sabrina Impacciatore, Jeff Lindsay e Michèle Maheux. Ma soprattutto il “presidente horror” Dario Argento, reduce dal “Black Carpet” della Festa di Roma per il suo La terza madre. “Da piccolo ho visto solo dei pezzi dei suoi film, perché mi facevano troppa paura, ma adoro Profondo rosso!“, ha confessato.
In questi giorni nelle sale con la commedia di Mimmo Calopresti L’abbuffata, Briguglia sarà di nuovo protagonista sul grande schermo all’inizio del 2008, quando uscirà  Non pensarci, l’opera di Gianni Zanasi acclamata da pubblico e critica alle Giornate degli Autori dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia.

Cos’è per lei il noir?

E’ un genere che sfugge alle definizioni. E non è un caso che Giorgio Gosetti ci abbia detto di non cercare nei film che giudichiamo una definizione del noir, quanto di scegliere ciò che più amiamo. Sotto questa etichetta si può far rientrare di tutto, dai drammi che ruotano attorno ai conflitti familiari ai film d’azione, dagli horror puri ai film d’autore o addirittura di animazione. Per quanto mi riguarda tra i miei preferiti ci sono, oltre al mitico Profondo rosso, L’esorcista e la serie di Scream, che però suscitava una paura divertente.

Su quali progetti è impegnato in queste settimane?
Sono sul set di due film: Diario di una siciliana ribelle di Marco Amenta e Baaria, il nuovo film kolossal di Giuseppe Tornatore. Nel primo sono un carabiniere che affianca un magistrato ispirato alla figura del giudice Borsellino, e che aiuta Rita Atria: si occupa di lei, la protegge e alla fine viene ucciso, diventando così un “eroe per caso”. Nel grande affresco d’epoca di Tornatore, invece, sono un maestro di catechismo che si occupa del figlio del protagonista: un sindacalista che si muove in un contesto di grandi scontri tra democristiani e comunisti. E’ un’esperienza esaltante, anche se non conosco la sceneggiatura completa e so solo ciò che riguarda il mio ruolo.

Dopo l’esperienza con Guadagnino potrebbe tornare a farci paura in un film di genere?
Non mi dispiacerebbe affatto. Sarebbe divertente ad esempio trovarmi in un horror di Dario Argento dopo aver vissuto per anni i suoi film con grande paura.

In questi giorni L’abbuffata, di cui è tra i protagonisti, è tornato in sala dopo aver avuto un’uscita un po’ sfortunata.
Il film di Calopresti è un’opera bella e atipica. E’ una commedia ma anche un film nel film, ha tanti attori di estrazioni diverse e rende persino omaggio a Fellini. Insomma è una pellicola che in un contesto come quello italiano, dove ogni fine settimana escono kolossal e film di animazione in centinaia di copie, ha bisogno di essere difesa e proposta nel modo giusto.

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07 Dicembre 2007

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